La perdita dell’udito è diventata uno dei problemi sanitari più rilevanti in Italia, una condizione che interessa fasce d’età molto diverse e che emerge da numeri difficili da ignorare. Le ultime analisi diffuse durante il XXI Congresso della Federazione Italiana degli Audioprotesisti mostrano un quadro più ampio e, in certi passaggi, anche inatteso: l’Italia risulta infatti il primo paese europeo per incidenza di disturbi uditivi. Le ragioni sono molteplici e intrecciano l’invecchiamento della popolazione, abitudini quotidiane che stanno mettendo sotto stress l’udito dei più giovani e una conoscenza ancora insufficiente dell’importanza della diagnosi precoce. Nel dibattito intervengono dati, testimonianze cliniche e richiami alla prevenzione, mentre cresce la consapevolezza del ruolo degli apparecchi acustici e di nuove soluzioni tecnologiche che stanno cambiando la vita di molti pazienti.
Perdita uditiva in Italia: perché il fenomeno è così diffuso e perché cresce anche tra i giovani
Secondo i dati riportati dall’Ansa, oltre 7 milioni di italiani, pari al 12,4% della popolazione, convivono oggi con una perdita di udito. Un dato che mette l’Italia al primo posto in Europa e che trova una parte delle sue spiegazioni nella struttura demografica del Paese: l’età avanzata rappresenta uno dei fattori principali alla base dei disturbi uditivi. Il Dott. Vittorio Rinaldi, specialista in Otorinolaringoiatria al Tiberia Hospital di Roma, ricorda come l’invecchiamento fisiologico dell’orecchio, noto come presbiacusia, inizi a manifestarsi già intorno ai 50 anni, interessando circa il 60% delle persone, per poi aumentare in modo più rapido dopo i 70 anni. A influire ci sono anche condizioni come ipertensione, diabete e abitudini che possono peggiorare il quadro clinico, tra tutte il fumo.
Ma è tra gli adolescenti che si registra una delle tendenze più preoccupanti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che il 17% dei ragazzi nel mondo presenti già disturbi uditivi, mentre oltre un miliardo di giovani fra i 12 e i 35 anni sarebbe esposto a rischi concreti a causa di suoni troppo intensi. La diffusione continua di cuffie e auricolari, utilizzati a volumi e durate eccessive, ha trasformato la musica in un potenziale fattore di stress uditivo quotidiano. L’esposizione ai rumori nei locali, nei concerti e in alcune professioni completa un quadro che si sta allargando in età in cui un tempo il problema era considerato raro. Nei più piccoli, invece, entrano in gioco altri fattori: infezioni dell’orecchio, come le otiti non trattate, e cause genetiche o congenite che possono compromettere l’udito fin dai primi anni di vita.
A tutto questo si aggiunge un aspetto culturale: molti adulti tendono a sottovalutare i primi segnali, ritardando controlli e diagnosi. Secondo gli specialisti, questa abitudine contribuisce a peggiorare l’impatto dei disturbi uditivi, favorendo isolamento, difficoltà nella comunicazione e, negli anziani, un peggioramento delle condizioni cognitive e delle patologie neurodegenerative. La mancanza di screening diffusi e di campagne informative capillari rende il quadro ancora più complesso, lasciando irrisolti casi che potrebbero essere trattati o arginati con interventi tempestivi.

Prevenzione, diagnosi e nuove tecnologie: come proteggere l’udito e quali soluzioni esistono oggi
Gli esperti concordano nel ritenere che la strada più efficace per limitare l’impatto della perdita uditiva passi da tre pilastri fondamentali: prevenzione, diagnosi precoce e trattamento adeguato. Per chi supera i 50 anni o per chi è esposto abitualmente a rumori intensi, i controlli audiometrici periodici rappresentano uno strumento semplice ma decisivo. Individuare tempestivamente un calo dell’udito permette infatti di intervenire prima che il disturbo modifichi la qualità della vita o generi conseguenze più profonde.
La prevenzione riguarda anche piccoli accorgimenti quotidiani, spesso ignorati, ma che possono ridurre il rischio di danni permanenti. L’uso di protezioni acustiche negli ambienti rumorosi o durante attività che espongono a suoni intensi è uno dei consigli più immediati. Sul fronte dei dispositivi personali, si insiste molto sulla gestione del volume degli auricolari, che non dovrebbe superare il 60% della potenza disponibile, e sulla riduzione del tempo di ascolto continuativo. Nella fascia pediatrica, invece, la prevenzione passa anche attraverso la corretta gestione delle infezioni dell’orecchio e la vaccinazione contro morbillo, rosolia, parotite, meningococco, pneumococco e Haemophilus influenzae tipo B, agenti che possono causare quadri infiammatori o complicazioni dannose per l’udito.
Per chi soffre già di ipoacusia, le soluzioni disponibili oggi sono molto diverse da quelle del passato. Gli apparecchi acustici moderni sono strumenti intelligenti, discreti, dotati di funzioni come intelligenza artificiale, connessione wireless e app dedicate. Il loro uso in Italia è cresciuto e il 96% di chi li porta dichiara un miglioramento netto della qualità della vita, ma resta ancora una certa diffidenza culturale rispetto ad altri paesi europei. Nei casi più gravi di ipoacusia neurosensoriale, gli impianti cocleari permettono di restituire la percezione sonora anche quando l’orecchio non è più in grado di trasmettere correttamente i segnali. Quando invece il disturbo deriva da infiammazioni, cerume, otosclerosi o problemi meccanici, è possibile un intervento clinico o chirurgico risolutivo. Nel frattempo, la ricerca sta esplorando frontiere nuove, tra cui le terapie genetiche per la sordità ereditaria, aprendo prospettive che fino a pochi anni fa sembravano irrealizzabili.






