Roma, 28 novembre 2025 – Il 28 novembre è un giorno che si muove tra diplomazia, ingegneria estrema e spiritualità francescana. Un pezzo di storia mondiale, un corridoio sotterraneo che ha cambiato l’idea stessa di Europa e due protagonisti dello spettacolo che, in modi completamente diversi, hanno inciso nell’immaginario collettivo. È una giornata di cambiamenti profondi, alcuni visibili, altri sottili ma decisivi.
San Giacomo, il predicatore che voleva disinnescare i conflitti
San Giacomo della Marca attraversò l’Italia centro-orientale per decenni. Non parlava solo di fede: parlava di giustizia, di relazioni, perfino di economia. Le sue prediche, raccontano le cronache dell’epoca, si trasformavano in assemblee civiche. Invitava i signorotti locali a deporre le armi e gli abitanti a ricomporre liti antiche.
Durante una celebrazione questa mattina, un frate lo ha definito «un mediatore ante litteram», capace di prendere una comunità divisa e usarne la lingua, i gesti, la cultura per ricucirla. In tempi in cui la violenza privata era un pericolo costante, il suo tentativo di portare ordine dove regnava il sospetto ha lasciato un’impressione profonda.


1919: il Trattato di Versailles e un dopoguerra instabile
Il 28 novembre 1919, gli Stati Uniti ratificavano il Trattato di Versailles, anche se in seguito il Senato avrebbe respinto l’adesione effettiva alla Società delle Nazioni. È un dettaglio spesso dimenticato, ma decisivo: mentre l’Europa cercava di rimettere insieme i pezzi dopo la carneficina della Prima guerra mondiale, gli USA muovevano un passo avanti e uno indietro, incarnando un’ambivalenza che avrebbe influenzato tutto il Novecento.
Gli storici spiegano che la firma rappresentò un momento di apparente stabilizzazione, ma anche l’inizio di tensioni nuove: confini ridisegnati, economie a pezzi, popoli sradicati. «L’illusione di una pace totale durò pochissimo», ricorda una docente di storia contemporanea. Era già in moto la spirale che avrebbe portato al secondo conflitto mondiale.
1994: il tunnel sotto la Manica e l’Europa che cambia forma
Il tunnel sotto la Manica, inaugurato il 28 novembre 1994, fu una delle imprese ingegneristiche più ambiziose del secolo. Venticinque minuti di treno per attraversare un braccio di mare che per secoli era stato barriera, confine, difesa naturale.
Per molti europei, quel tunnel significò la fine psicologica dell’isolamento britannico. Per altri fu un gesto politico travestito da infrastruttura. «L’Inghilterra è più vicina, ma non necessariamente più pronta», diceva all’epoca un quotidiano francese. Frase che, a riguardarla oggi, suona come premonizione degli equilibri che sarebbero arrivati con Brexit.
Dal punto di vista tecnico fu un’impresa radicale: due squadre che scavavano da lati opposti della Manica, coordinate al millimetro fino all’incontro finale. L’immagine del varco aperto è ancora tra le più iconiche del progetto europeo.
Due compleanni che raccontano l’America
Il 28 novembre è il compleanno di Ed Harris, attore dalla presenza magnetica, capace di passare da ruoli durissimi a figure introverse mantenendo sempre un rigore quasi artigianale.
Compie gli anni anche Jon Stewart, voce ironica e critica della politica statunitense. La sua conduzione del “Daily Show” ha formato una generazione di spettatori e, in un certo senso, anche una generazione di politici.






