Roma, 31 dicembre 2025 – Con l’arrivo del nuovo anno, gli automobilisti italiani si preparano a un incremento silenzioso ma inevitabile dei costi di utilizzo delle autostrade: dal 1° gennaio 2026, infatti, scatterà un aumento del 1,5% sui pedaggi autostradali della maggior parte delle tratte italiane, un adeguamento tariffario previsto dall’indice di inflazione programmata per il prossimo anno. Questa misura, anche se contenuta nella percentuale, impatterà in modo significativo sulle tasche dei milioni di utenti quotidiani della rete autostradale nazionale.
L’aumento dei pedaggi: motivazioni e ambiti di applicazione
L’adeguamento riguarda le concessionarie autostradali che stanno aggiornando i loro piani economico-finanziari, strumenti fondamentali per mantenere l’equilibrio tra Stato e gestori privati delle infrastrutture. In pratica, l’incremento si tradurrà in qualche centesimo in più a ogni passaggio ai caselli, un rincaro che si somma inevitabilmente al costo complessivo della mobilità su gomma.
Non tutte le autostrade, tuttavia, subiranno questo aumento. Sono escluse alcune tratte considerate “simbolo”, come quelle gestite da Concessioni del Tirreno (A10 e A12), la Ivrea-Torino-Piacenza (A5 e A21) e la Strada dei Parchi (A24-A25), che collega Roma all’Abruzzo. Queste eccezioni sono regolamentate da atti convenzionali ancora in vigore, evidenziando una rete autostradale italiana a macchia di leopardo, in cui le tariffe non seguono un’unica linea.
Alcune tratte registreranno aumenti superiori alla media nazionale: sulla Salerno-Pompei-Napoli si applicherà un incremento dell’1,925%, mentre sull’Autostrada del Brennero l’aumento sarà dell’1,46%. Quest’ultimo caso è anche un riflesso di una situazione politica particolare, poiché la concessione per quella tratta è scaduta e il processo di riaffidamento è ancora in corso, senza però che questo blocchi gli adeguamenti tariffari.

Il ruolo della politica e della Corte Costituzionale nella definizione delle tariffe
Le polemiche sull’aumento dei pedaggi si sono subito accese, soprattutto riguardo al tentativo del Ministero delle Infrastrutture, guidato da Matteo Salvini, di bloccare questi rincari almeno fino alla definizione dei nuovi piani economico-finanziari. Salvini, vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti nel governo Meloni dal 2022, ha espresso la volontà di contenere l’aumento dei costi per gli utenti, ma si è scontrato con una sentenza della Corte Costituzionale che ha limitato la possibilità di intervento governativo sugli adeguamenti tariffari.
La Corte, organo supremo di garanzia costituzionale che verifica la legittimità delle leggi e degli atti normativi, ha confermato che l’adeguamento tariffario previsto per il 2026, fissato all’1,5%, è conforme alle regole vigenti e non può essere sospeso o modificato dal governo. Così, l’Autorità di regolazione dei trasporti (Art) ha applicato la normativa senza margini di discrezionalità politica, sottolineando l’automatismo previsto nelle convenzioni tra Stato e concessionari.
Cos’è l’indice di inflazione programmata e come incide sui pedaggi
L’indice di inflazione programmata è un dato fissato in anticipo dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e rappresenta la previsione di aumento dei prezzi al consumo per un determinato anno. Nel caso del 2026, questo indice è stato stabilito all’1,5%. Non si tratta dell’inflazione reale, calcolata a posteriori dall’Istat, bensì di un parametro utilizzato come riferimento per aggiornare automaticamente contratti pubblici, tra cui anche le tariffe dei pedaggi autostradali.
Le convenzioni tra Stato e concessionari prevedono infatti meccanismi di aggiornamento automatico delle tariffe basati su questo indice, a garanzia della sostenibilità economica delle infrastrutture e del recupero degli investimenti effettuati. Nessun aumento quindi è frutto di decisioni arbitrarie o improvvise, bensì il risultato dell’applicazione di clausole contrattuali già esistenti.

Il sistema di riscossione e i metodi di pagamento dei pedaggi
In Italia, il pedaggio è una tassa che si paga per l’utilizzo di infrastrutture viarie come autostrade, viadotti, tunnel e ponti, e viene riscosso presso le barriere o caselli autostradali. Il pagamento può avvenire in diverse modalità: in contanti, con carte di credito o debito, con carte prepagate e tramite dispositivi di telepedaggio come il Telepass, che permette il passaggio senza fermarsi grazie al sistema elettronico free-flow.
I sistemi di riscossione sono di tipo misto, con barriere tradizionali abbinate a corsie dedicate esclusivamente al telepedaggio, e in alcune tratte più moderne si sta diffondendo il sistema esclusivamente free-flow, che elimina completamente le barriere fisiche, affidandosi a sensori e telecamere per rilevare il transito e addebitare automaticamente il pedaggio.
La tariffa da pagare può essere calcolata in base ai chilometri effettivamente percorsi o, in alcuni casi, in modo forfettario per un determinato periodo. Anche la tipologia di veicolo influisce sul costo: mezzi pesanti, ad esempio, pagano tariffe più alte rispetto alle automobili.
Il delicato equilibrio tra interesse pubblico e sostenibilità economica
Ogni aumento tariffario, seppur tecnico e previsto, rappresenta una sfida per il sistema della mobilità italiana, che deve bilanciare il diritto alla mobilità dei cittadini con la necessità di garantire investimenti e manutenzione delle infrastrutture. Nel contesto attuale, caratterizzato da tensioni economiche e pressioni inflazionistiche, il costo dei pedaggi diventa un indicatore di quanto sia complesso mantenere in equilibrio questi interessi.
Una rete autostradale efficiente è cruciale per un Paese come l’Italia, dove il trasporto su strada rappresenta una componente fondamentale dell’economia e della vita quotidiana. Tuttavia, l’adeguamento dei pedaggi richiama alla responsabilità di governanti e gestori affinché la gestione delle infrastrutture avvenga con trasparenza, equilibrio e attenzione alle esigenze degli utenti.






