Molti italiani si chiedono se i controlli fiscali siano frutto del caso o di una selezione mirata. La verità è che l’Agenzia delle Entrate non lascia nulla all’improvvisazione: ogni verifica nasce da una serie di indicatori di rischio, elaborati attraverso sistemi informatici, algoritmi statistici e incroci tra decine di banche dati. Alcuni criteri sono pubblici e dichiarati nelle linee guida ufficiali, altri restano riservati per non compromettere l’efficacia delle indagini. Ciò che è certo, però, è che ci sono comportamenti che aumentano sensibilmente la probabilità di finire nel mirino del fisco.
Redditi e spese non coerenti
Uno degli aspetti più monitorati riguarda le incongruenze tra reddito dichiarato e stile di vita. Se un contribuente dichiara 20.000 euro l’anno ma acquista un’auto di lusso, una seconda casa al mare o effettua spese consistenti per viaggi, ristoranti e beni di pregio, il sistema di controllo segnala immediatamente la posizione come sospetta.
Il cosiddetto “Redditometro” — seppur più volte modificato e sospeso — rimane uno degli strumenti chiave: incrocia le spese note (utenze, mutui, viaggi, auto) con il reddito dichiarato per verificare se il tenore di vita risulta compatibile. In caso contrario, può scattare un invito a fornire chiarimenti o addirittura un accertamento formale.
Movimenti bancari e segnalazioni antiriciclaggio
Le banche e gli intermediari finanziari sono obbligati a comunicare all’Agenzia delle Entrate tutti i dati relativi ai conti correnti: giacenze medie, movimenti in entrata e in uscita, saldi finali. Non solo: esiste anche l’obbligo di segnalazione di operazioni sospette all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF), soprattutto quando si tratta di trasferimenti consistenti di denaro non coerenti con il profilo del cliente.
Queste informazioni vengono incrociate con le dichiarazioni dei redditi e con altre banche dati fiscali. Un movimento di decine di migliaia di euro senza adeguata giustificazione, o frequenti versamenti e prelievi in contanti, possono far scattare l’attenzione.
Partite IVA a rischio e anomalie nel fatturato
Chi lavora come autonomo o possiede una partita IVA è soggetto a controlli mirati, specie se emergono comportamenti anomali. Tra gli indicatori che possono insospettire l’Agenzia rientrano:
aperture e chiusure frequenti della partita IVA, che fanno pensare a un utilizzo strumentale per eludere i controlli;
fatturati incoerenti rispetto al settore di appartenenza o alle spese sostenute;
emissione di fatture tra soggetti legati da rapporti personali o familiari;
operazioni con Paesi a fiscalità privilegiata senza adeguate motivazioni economiche.
In questi casi, l’Agenzia può decidere di effettuare un controllo documentale o addirittura un accesso diretto presso la sede dell’attività.
Proprietà di beni di lusso e patrimonio non dichiarato
L’Agenzia delle Entrate ha accesso a una rete di banche dati tra le più estese d’Europa. Può verificare in tempo reale:
proprietà immobiliari tramite il catasto;
veicoli attraverso il Pubblico Registro Automobilistico (PRA);
imbarcazioni e aeromobili iscritti ai registri nazionali;
conti correnti e investimenti finanziari, incluse criptovalute e partecipazioni societarie.
Il possesso di beni di lusso incompatibili con i redditi dichiarati è uno degli indicatori più forti di rischio evasione. Anche l’acquisto di case o auto intestate a parenti stretti ma finanziate indirettamente dal contribuente può insospettire l’Agenzia.
Errori, omissioni e dichiarazioni incomplete
Non bisogna dimenticare che anche i semplici errori formali possono attirare l’attenzione. Una dichiarazione dei redditi con dati mancanti, un modello IVA non inviato, un contratto di locazione non registrato o la mancata indicazione di redditi esteri nel quadro RW sono tra le irregolarità più frequenti che fanno scattare i controlli.
In questi casi l’Agenzia invia spesso una lettera di compliance, cioè una comunicazione con cui invita il contribuente a regolarizzare la posizione prima di avviare un accertamento vero e proprio.
Algoritmi di rischio e intelligenza artificiale
Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha investito molto nella digitalizzazione dei controlli, adottando algoritmi basati sull’analisi dei big data e, più recentemente, soluzioni di intelligenza artificiale. Questi sistemi non sostituiscono i funzionari, ma li supportano nella selezione dei contribuenti da verificare, indicando quali posizioni presentano anomalie più evidenti.
Si tratta di strumenti riservati e in costante aggiornamento, che sfruttano la mole enorme di dati disponibili: dichiarazioni, fatture elettroniche, movimenti bancari, registri catastali, segnalazioni antiriciclaggio.
Non esiste alcun “algoritmo segreto” trapelato al pubblico, ma una rete di controlli sempre più sofisticata che punta a colpire le posizioni incoerenti. Chi dichiara redditi realistici e mantiene ordine nelle proprie dichiarazioni fiscali non ha nulla da temere. Ma chi sottovaluta errori, incongruenze o movimenti sospetti rischia di finire rapidamente nel mirino dell’Agenzia delle Entrate.






