Nel trentesimo anniversario dell’assassinio di Yitzhak Rabin, primo ministro israeliano e simbolo del processo di pace in Medio Oriente, il figlio Yuval Rabin ha espresso preoccupazione per il destino dell’eredità politica del padre, messa a rischio dall’attuale scenario politico in Israele. Nel corso di un webinar organizzato dalla vicepresidente dell’Eurocamera Pina Picierno e dal giornalista Adam Smulevich, Yuval ha lanciato un appello a riflettere sulle sfide che Israele deve affrontare dopo gli eventi traumatici del 7 ottobre 2023 e i successivi sviluppi.
L’eredità di Rabin minacciata dall’attuale regime
Yuval Rabin ha sottolineato che l’eredità politica di suo padre è oggi certamente a rischio a causa della situazione attuale in Israele. Tuttavia, ha mantenuto un certo ottimismo: «Quanto è avvenuto il 7 ottobre e dopo quella data ci lascia spiragli di grandi possibilità. Abbiamo nemici crudeli, ma anche opportunità senza precedenti». L’attenzione si è concentrata sugli accordi di pace già siglati con Egitto e Giordania e sull’inusuale cooperazione militare, con forze aeree arabe che hanno contribuito a tutelare lo spazio aereo israeliano, segni che potrebbero indicare una possibile strada verso la pace.
Yuval ha ricordato la filosofia politica di suo padre: «Mio padre diceva che la pace si può e si deve fare con i nemici, perché con gli amici la pace c’è già. La pace richiede un confronto con la storia, con il trauma, con ferite che non guariranno mai». Pur essendo stato un militare esperto e un capo di stato maggiore, Rabin non vedeva la pace e la sicurezza come opposti, bensì come elementi complementari, un insegnamento che oggi appare quanto mai attuale.
Il ricordo e l’attualità del processo di pace
Rabin è stato il primo premier israeliano a negoziare con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), siglando con Yasser Arafat gli storici accordi di Oslo, che gli valsero il Premio Nobel per la Pace nel 1994, insieme a Shimon Peres e Arafat. La sua carriera è stata segnata da momenti decisivi nella storia di Israele, dalla guerra dei Sei Giorni fino alla firma di trattati di pace con paesi arabi vicini. Venne assassinato il 4 novembre 1995, da Yigal Amir, estremista della destra radicale israeliana.
Oggi il figlio Yuval denuncia un clima di odio e divisione che rischia di vanificare quegli sforzi: «L’odio e la divisione sono di nuovo in aumento. La società israeliana si trova a un punto di rottura, ed è nostra responsabilità condivisa fermare questo deterioramento». In particolare, Yuval ha criticato duramente la figura del premier Benjamin Netanyahu, accusato di essere interessato solo alla sua sopravvivenza politica e di alimentare tensioni che ricordano il clima che portò all’assassinio del padre da parte dell’estremista della destra radicale Yigal Amir.
Nel frattempo, la fragile tregua nella Striscia di Gaza non dissipata le tensioni: l’assenza di un accordo definitivo sulla restituzione dei corpi degli ostaggi e la prosecuzione dei raid israeliani mantengono alta la tensione nella regione, complicando ulteriormente il cammino verso una pace duratura.
A 30 anni dall’attentato, il ricordo di Yitzhak Rabin resta un monito e un richiamo alla necessità di continuare a perseguire la pace, affrontando con coraggio la realtà di una convivenza difficile ma indispensabile per il futuro di Israele e dei suoi vicini.






