Il procuratore generale del Distretto di Columbia, Brian Schwalb, ha avviato un’azione legale d’urgenza contro quella che definisce una “presa di controllo ostile” della polizia metropolitana di Washington DC da parte dell’amministrazione Trump. Il ricorso, presentato poche ore dopo l’ordine della procuratrice generale statunitense Pam Bondi di imporre un nuovo vertice alla polizia cittadina, chiede a un giudice di confermare che la gestione del corpo di polizia resti nelle mani delle autorità locali. Secondo Schwalb, la Casa Bianca starebbe oltrepassando i limiti stabiliti dal Home Rule Act, la legge che regola l’autonomia della capitale.
Nomina forzata di un commissario federale
La decisione di Bondi ha visto la nomina di Terry Cole, attuale capo della DEA, come “commissario di polizia d’emergenza” per la capitale. Questa mossa, che segue l’invio di truppe federali della Guardia Nazionale quattro giorni prima, è stata motivata dalla dichiarazione presidenziale di una crisi legata a criminalità e senzatetto. Secondo l’ordine, tutto il personale della polizia metropolitana dovrà ottenere l’approvazione di Cole prima di emettere qualsiasi disposizione.
Il ruolo del capo della polizia Pamela Smith
La nomina di Cole ha generato incertezza sul ruolo dell’attuale capo della polizia metropolitana, Pamela Smith, nominata dal sindaco Muriel Bowser. Quest’ultima ha replicato con fermezza, affermando in un post sui social che nessuna norma trasferisce l’autorità sul personale del Distretto a un funzionario federale. Bowser ha diffuso anche una lettera del procuratore Schwalb a Smith, in cui si sostiene che l’ordine di Bondi sia “illegittimo” e che gli agenti debbano continuare a seguire esclusivamente le direttive del capo nominato dal sindaco.
Scontro sulle politiche di “città santuario”
Il provvedimento di Bondi è arrivato poche ore dopo che Smith aveva disposto la condivisione di informazioni con le agenzie federali – tra cui il Dipartimento della Sicurezza Interna (DHS) e l’Immigrazione e Dogane (ICE) – riguardanti persone non in custodia, come quelle fermate durante controlli stradali. Tuttavia, in quanto “città santuario”, Washington DC vieta per legge di fornire all’ICE dati personali di migranti irregolari in custodia, inclusi luoghi di detenzione, date di rilascio o fotografie, e impedisce arresti basati esclusivamente sullo status migratorio. Bondi ha giustificato il proprio intervento affermando che la direttiva di Smith perpetuava politiche che ostacolano l’applicazione delle leggi sull’immigrazione, e ne ha quindi annullato gli effetti.
Tensione politica e accuse reciproche
La disputa segna l’ennesimo episodio in cui l’amministrazione Trump testa i confini del potere federale, facendo leva su leggi poco note e sulla proclamazione di emergenze per rafforzare la propria linea dura contro criminalità e immigrazione. Parallelamente, Bondi ha inviato lettere a sindaci e funzionari di 32 città e di alcune contee accusandoli di non collaborare abbastanza con le autorità migratorie e minacciando azioni legali. I leader delle città guidate dai Democratici respingono le accuse, sostenendo che le descrizioni di degrado e violenza diffuse dalla Casa Bianca non rispecchiano la realtà.
Il contesto della sicurezza nella capitale
Sebbene Washington DC stia affrontando un aumento della violenza e della presenza di senzatetto, il tasso di omicidi resta inferiore a quello di altre grandi metropoli statunitensi. I leader locali negano che la città viva il collasso della sicurezza pubblica descritto dall’amministrazione. Intanto, Trump ha elogiato la direttiva iniziale di Smith di condividere informazioni con le agenzie federali, definendola “un grande passo avanti”. Il sindaco Bowser, che al momento dell’ordine di Bondi si trovava fuori città per motivi familiari, è attesa al rientro per affrontare la crisi istituzionale.






