Washington, 29 dicembre 2025 – Nel pieno della delicata fase politica che interessa il Medio Oriente, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ospita nel suo resort di Mar-a-Lago il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu. L’incontro, il quinto tra i due leader dal ritorno di Trump alla Casa Bianca nel 2025, si tiene a sole 24 ore dal colloquio con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, sottolineando l’intenso impegno diplomatico statunitense su più fronti.
Il piano per Gaza: disarmo di Hamas e ricostruzione
Durante il vertice, il tema centrale sarà la situazione nella Striscia di Gaza, dove il fragile cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti nel mese di ottobre è in bilico a causa delle tensioni persistenti e dei continui attacchi militari. Trump ha ribadito prima del summit che la ricostruzione nell’enclave palestinese inizierà “molto presto, il prima possibile”, ma ha posto come condizione imprescindibile il disarmo di Hamas.
Nel contesto dell’incontro, Netanyahu ha manifestato riluttanza a procedere con ulteriori passi senza la restituzione dei resti dell’ultimo ostaggio israeliano trattenuto da Hamas. La famiglia di Ran Gvili, l’ostaggio in questione, ha accompagnato il premier israeliano in Florida e si appresta a incontrare funzionari dell’amministrazione americana. Israele, dal canto suo, mantiene chiuso il valico di Rafah verso l’Egitto, un punto del piano americano, fino alla restituzione del corpo, come confermato dallo stesso Trump, che ha definito Netanyahu “un eroe di guerra” e si è detto certo che riceverà la grazia presidenziale nel processo per corruzione in corso.
Parallelamente, nelle stesse ore, il portavoce dell’ala militare di Hamas, Abu Obeida, ha ribadito in un messaggio video tramite Telegram l’irremovibilità del gruppo riguardo al possesso delle armi, affermando che “il nostro popolo si sta difendendo e non rinuncerà alle armi finché l’occupazione continuerà”.
Dalle recenti notizie si apprende inoltre che Hamas ha consegnato alla Croce Rossa i resti di tre corpi, successivamente trasferiti in Israele, ma gli esami forensi hanno escluso che appartengano a ostaggi. In parallelo, fonti mediche riferiscono di due palestinesi uccisi e un ferito durante scontri con le forze israeliane in diverse aree di Gaza.
Le altre sfide diplomatiche: Iran, Siria e Libano
Oltre alla questione Gaza, il colloquio tra Trump e Netanyahu ha sul tavolo altri quattro dossier critici che influenzano la stabilità regionale.
Sul fronte iraniano, Netanyahu ha chiesto a Trump un approccio più deciso e aggressivo nei confronti di Teheran, mentre il presidente americano ha minacciato un nuovo attacco qualora l’Iran riprendesse lo sviluppo di missili balistici o del programma nucleare. “Se così fosse, dovremo intervenire per fermarli. Li fermeremo. Li distruggeremo completamente”, ha affermato Trump, invitando al contempo l’Iran a negoziare un accordo con gli Stati Uniti.
In merito alla Siria, Trump ha espresso il desiderio che Israele possa instaurare buone relazioni con il presidente siriano Ahmed al-Sharaa, definendolo “uno tosto ma che sta facendo un grande lavoro”, posizione che Netanyahu non ha condiviso, manifestando cautela riguardo all’apertura statunitense verso Damasco.
Infine, sulla questione libanese, Trump ha sottolineato l’importanza della diplomazia, mentre Netanyahu ha espresso scetticismo sulla capacità di Beirut di contenere Hezbollah senza un intervento militare.
Nel contesto di questo incontro cruciale, si evidenzia la complessità degli equilibri geopolitici in Medio Oriente, con il presidente Trump che si posiziona come mediatore tra le diverse esigenze di sicurezza e stabilità, mentre il primo ministro Netanyahu mantiene una linea ferma sulla sicurezza di Israele e sul contrasto a Hamas.






