Washington, 22 luglio 2025 – Gli Stati Uniti hanno ufficialmente comunicato alla direttrice generale dell’UNESCO, Audrey Azoulay, la decisione di ritirarsi dall’organizzazione, segnalando che un coinvolgimento continuativo non è più nell’interesse nazionale americano. La notizia, diffusa oggi dal Dipartimento di Stato USA, si inserisce in un più ampio contesto di frizioni tra la visione globalista dell’UNESCO e la politica estera statunitense «America First» promossa dall’amministrazione Trump.
Motivazioni del ritiro dall’Unesco: in contrasto con “America First”
Una nota ufficiale del Dipartimento di Stato sottolinea come l’UNESCO persegua un’agenda descritta come «globalista e ideologica» che si focalizza sugli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Questa impostazione è definita contraria alla politica estera statunitense, che pone al centro gli interessi nazionali e la sovranità americana. Il comunicato evidenzia inoltre come la decisione dell’UNESCO di ammettere lo “Stato di Palestina” come membro sia ritenuta “altamente problematica” e in contrasto con la posizione degli Stati Uniti, contribuendo alla diffusione di retoriche anti-israeliane all’interno dell’organizzazione.
L’annuncio del ritiro si inserisce in un quadro di crescente critica da parte degli USA verso quella che considerano un’ideologia globalista che tende a minare le priorità nazionali. La partecipazione americana a organizzazioni internazionali, afferma il Dipartimento di Stato, continuerà a essere valutata e perseguita solo se risponderà con chiarezza e convinzione agli interessi americani.
Il ritiro effettivo e le reazioni dell’UNESCO
Secondo l’Articolo II(6) della Costituzione dell’UNESCO, il ritiro degli Stati Uniti diventerà effettivo il 31 dicembre 2026, data fino alla quale gli USA rimarranno membri a pieno titolo. Audrey Azoulay, direttrice generale dell’UNESCO dal 2017, ha espresso profondo rammarico per questa decisione, definendola «deplorevole» ma non sorprendente, dato che l’organizzazione si stava preparando a questo scenario. La stessa Azoulay aveva già affrontato un precedente ritiro degli USA nel 2017 durante il primo mandato di Donald Trump.
Il ritiro si colloca in un contesto più ampio di tensioni politiche, culturali e ideologiche legate alla crescente globalizzazione, fenomeno che ha portato a un’interdipendenza economica e sociale su scala planetaria. Tuttavia, la posizione di Washington riflette un ritorno a un nazionalismo deciso, che privilegia la sovranità e gli interessi interni rispetto agli impegni multilaterali.
La decisione degli Stati Uniti di uscire dall’UNESCO rappresenta dunque un momento significativo nel rapporto tra Washington e le istituzioni internazionali, evidenziando le profonde divergenze tra un’agenda globalista e la politica estera americana centrata sul principio di «America First».
Il commento di Israele sul ritiro Usa dall’UNESCO
Israele ha espresso il proprio apprezzamento per la decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO), definendo l’ente un organismo politicizzato che spesso ha penalizzato il paese.
Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ha sottolineato su X che tale scelta rappresenta “un passo necessario, concepito per promuovere la giustizia e il diritto di Israele ad un trattamento equo nel sistema delle Nazioni Unite, un diritto che è stato spesso calpestato a causa della politicizzazione in questo forum”. Sa’ar ha inoltre ringraziato gli Stati Uniti per il loro sostegno morale e la leadership, soprattutto in un contesto multilaterale che a suo avviso è afflitto da discriminazioni anti-israeliane.
L’esponente del governo israeliano ha evidenziato la necessità di riforme fondamentali nelle Nazioni Unite affinché possano continuare a svolgere un ruolo rilevante a livello globale, un richiamo che riflette le critiche avanzate da Israele verso l’operato dell’UNESCO e le sue prese di posizione nei confronti dello Stato ebraico.






