Gerusalemme, 3 settembre 2025 – Una giornata di disordini ha scosso questa mattina la capitale israeliana con manifestanti che hanno incendiato cassonetti e pneumatici nei pressi della residenza ufficiale del primo ministro Benjamin Netanyahu, nel quartiere di Rehavia a Gerusalemme. Le proteste sono nate in risposta alla situazione di stallo nei negoziati per la liberazione degli ostaggi e la fine del conflitto in corso.
Proteste intorno alla residenza di Netanyahu
Secondo una nota della polizia di Gerusalemme, i manifestanti hanno appiccato il fuoco a diversi cassonetti e pneumatici, danneggiando anche alcune auto parcheggiate nelle vicinanze dell’abitazione di Netanyahu.
Un incendio è stato acceso a circa 100 metri dalla residenza ufficiale del premier. Le squadre dei vigili del fuoco sono intervenute tempestivamente per spegnere le fiamme, mentre i residenti degli edifici attigui sono stati evacuati come misura precauzionale. Fortunatamente, non si registrano feriti.
Le organizzatrici principali della protesta sono Anat Engerst e Vicky Cohen, rispettivamente madri di ostaggi rapiti, che hanno guidato la mobilitazione fin dalle prime ore del mattino. I manifestanti chiedono la liberazione immediata degli ostaggi e la fine del conflitto, denunciando un “fallimento totale“ dei negoziati condotti dal governo israeliano.
Tensione anche davanti all’abitazione del ministro Dermer e nella zona della Knesset
Le proteste si sono estese anche in altre aree di Gerusalemme, in particolare davanti all’abitazione del ministro Ron Dermer. Qui decine di manifestanti, inclusi membri del gruppo “Fratelli e Sorelle in Armi”, hanno espresso il loro disappunto per la mancata riuscita di un accordo per il ritorno degli ostaggi, attribuendo al governo Netanyahu la responsabilità di aver affossato una proposta di tregua accettata da Hamas.
Intanto, alcune persone si sono barricate nella Biblioteca nazionale di Gerusalemme, salendo sul tetto dell’edificio. La polizia sta negoziando con loro per convincerli a scendere. La protesta ha raggiunto anche la zona della Knesset, il Parlamento israeliano, ampliando così il raggio delle tensioni nella città.






