Khartoum, 2 dicembre 2025 – La regione centrale del Kordofan in Sudan è al centro di un violento scontro tra le Forze di Supporto Rapido (RSF) e l’esercito regolare sudanese (SAF), che rischia di portare a una frammentazione definitiva del Paese. Dopo la conquista di Al-Fashir nel Darfur occidentale, le RSF, guidate dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto “Hemedti”, stanno ora puntando a estendere il loro controllo proprio su Kordofan, una regione strategica per risorse agricole, petrolifere e di bestiame.
Avanzata delle Forze di Supporto Rapido nel Kordofan
Le RSF, un’organizzazione paramilitare nata dalle milizie Janjawid e accusata di gravi violazioni dei diritti umani durante il conflitto in Darfur, hanno consolidato il loro dominio sul Sudan occidentale. Dopo la conquista di Al-Fashir, dove si sono registrate almeno 1.500 vittime civili e migliaia di sfollati, le milizie paramilitari stanno facendo pressione su Babnusa, snodo cruciale dei trasporti nel Kordofan occidentale.
Il controllo di Babnusa aprirebbe la strada verso El-Obeid, capoluogo del Kordofan settentrionale, e un accesso strategico alla capitale Khartoum. La pressione sulle forze governative è aumentata in seguito alla perdita definitiva di Darfur, con un’escalation che ha intensificato il rischio di una spaccatura territoriale del Paese. Secondo analisti come Dallia Abdelmoniem, politica sudanese, “Hemedti non si accontenta del controllo del Darfur, ma ambisce alla conquista dell’intero Sudan.”
La complessità politica e il rischio di frammentazione
Il conflitto assume anche una forte connotazione etnica e politica, con gruppi armati e comunità divise tra alleanze con le RSF, le SAF o movimenti indipendenti. Kordofan, regione che storicamente presenta una varietà di gruppi etnici tra cui Nuba, Scilluc e Dinka, rischia di trasformarsi in un mosaico di “feudi” controllati da milizie diverse. Questa realtà etno-politica indebolisce ulteriormente la possibilità di un progetto unitario sudanese e spinge verso una possibile divisione de facto del Paese.
Il Kordofan, ex provincia ora suddivisa amministrativamente in Kordofan Settentrionale, Meridionale e Occidentale, è una vasta area di circa 147.000 km² con una popolazione stimata di oltre 3 milioni di abitanti. La sua importanza economica è legata alla produzione di gomma arabica, arachidi, cotone, oltre a risorse petrolifere e un significativo allevamento di bestiame. Il controllo di questa regione rappresenta dunque una leva fondamentale per qualunque fazione voglia dettare il destino del Sudan.
La tregua mai attuata e la crisi umanitaria crescente
Nonostante gli sforzi diplomatici promossi dal cosiddetto “Quad” – composto da Stati Uniti, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita – per negoziare un cessate il fuoco, la situazione sul terreno è rimasta instabile. Le RSF hanno annunciato unilateralmente una tregua di tre mesi, ma le ostilità a Babnusa e in altre località proseguono senza sosta. Abdel Fattah al-Burhan, capo delle SAF, ha respinto la proposta di tregua sostenendo che agevola le RSF e ha accusato implicitamente gli Emirati Arabi Uniti di supportare i paramilitari, accusa che Abu Dhabi ha sempre negato.
Il conflitto ha provocato una gravissima crisi umanitaria. Oltre 70.000 persone sono fuggite da El-Fasher e zone limitrofe, con denunce di esecuzioni sommarie, stupri e massacri etnici. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha registrato la morte di oltre 460 pazienti e personale medico in ospedali colpiti durante gli scontri. In tutto il Sudan, la metà della popolazione – circa 30 milioni di persone – necessita di assistenza umanitaria, con oltre 12 milioni di sfollati, molti dei quali rifugiati nei Paesi confinanti.
L’accesso agli aiuti nella regione di Kordofan è estremamente difficile, aggravato dalla mancanza di frontiere aperte e dal controllo militare delle diverse fazioni. La situazione rischia di degenerare in una catastrofe simile a quella del Darfur, con una popolazione civile intrappolata tra le violenze di gruppi paramilitari e militari regolari, mentre la comunità internazionale resta in larga parte inattiva.






