Khartoum, 26 novembre 2025 – Dopo mesi di sanguinosi scontri, lo scenario politico e militare in Sudan vede un nuovo sviluppo: le Forze di supporto rapido (RSF) hanno annunciato una tregua unilaterale di tre mesi per motivi umanitari, a seguito del rifiuto da parte dell’esercito regolare (FAS) di accettare una proposta internazionale di cessate il fuoco. Il conflitto, iniziato nell’aprile 2023, continua a segnare profondamente la vita del paese, provocando una delle crisi umanitarie più gravi al mondo.
La tregua unilaterale delle RSF e il rifiuto dell’esercito regolare
Il 24 novembre, il capo delle RSF, Mohamed Hamdan Dagalo, noto anche come Hemeti, ha diffuso un videomessaggio in cui ha comunicato la decisione di sospendere le ostilità per tre mesi. Questa mossa arriva in risposta a una proposta di tregua promossa da un gruppo di paesi mediatori noto come “Quad”– Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita ed Egitto – e sostenuta dall’inviato americano per l’Africa, Massad Boulos.
Tuttavia, l’esercito regolare sudanese, guidato dal generale Abdel Fattah al Burhan, ha respinto con fermezza questa iniziativa, definendola “inaccettabile” soprattutto a causa del coinvolgimento degli Emirati Arabi Uniti, accusati di appoggiare le RSF. Al Burhan ha criticato duramente la proposta, sottolineando che essa “indebolisce le forze armate, smantella le agenzie di sicurezza e non prevede il disarmo delle milizie paramilitari”. Ha inoltre esortato i cittadini a schierarsi immediatamente al fronte, segnalando un’intensificazione del conflitto.
Il generale ha inoltre etichettato questo gruppo come “parziale” a causa del sostegno emiratino alle Rsf, mettendo così in discussione la neutralità del processo di pace.
La posizione rigida del capo della giunta militare ha ricevuto critiche da parte degli Emirati Arabi Uniti, che hanno denunciato il comportamento ostruzionistico di Al Burhan. Reem al Hashimy, ministra di stato per la cooperazione internazionale di Abu Dhabi, ha condannato il rifiuto del cessate il fuoco, ribadendo l’impegno della coalizione internazionale a favore di una soluzione pacifica.
La guerra in Sudan
Il conflitto in Sudan oppone dall’aprile 2023 l’esercito regolare alle Forze di supporto rapido, un gruppo paramilitare che ha progressivamente esteso il proprio controllo su gran parte del Darfur e minaccia ora di avanzare anche nel Kordofan. La guerra ha causato decine di migliaia di vittime e ha costretto milioni di persone a fuggire dalle proprie abitazioni, innescando quella che l’ONU ha definito la “più grande crisi umanitaria del mondo”.
Le accuse di violazioni dei diritti umani e crimini di guerra si susseguono da entrambe le parti. Recentemente, Amnesty International ha puntato il dito contro le RSF, accusandole di esecuzioni sommarie, stupri e altri abusi durante la conquista di Al-Fashir, capoluogo del Darfur Settentrionale. Questi episodi aggravano ulteriormente la situazione sul terreno, rendendo ancora più urgente una soluzione negoziata.
Parallelamente, gli Emirati Arabi Uniti sono stati ripetutamente accusati di fornire supporto militare e logistico alle RSF, alimentando così le tensioni e complicando i tentativi di mediazione.






