Khartum, 12 dicembre 2025 – Dopo oltre due anni di conflitto, il Sudan resta teatro di una delle crisi umanitarie più drammatiche al mondo, con una situazione che continua a peggiorare nel Nord Darfur, in particolare nella città di Al-Fashir. Un’inchiesta giornalistica internazionale, supportata da immagini satellitari, testimonianze e video, ha documentato atrocità di massa e pulizia etnica compiute dalle Forze di Supporto Rapido (RSF) contro civili inerme, confermando l’uccisione di almeno 7mila persone, con migliaia di donne vittime di stupri e violenze sessuali.
Massacri e pulizia etnica a Al-Fashir
Al-Fashir, capitale del Nord Darfur, è stata conquistata a fine ottobre 2025 dopo un assedio durato un anno e mezzo da parte delle RSF, milizie paramilitari guidate dal generale Mohammed Hamdan Dagalo, noto come “Hemedti”. L’esercito sudanese, guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhan, ha negoziato la propria ritirata lasciando la popolazione civile esposta alle violenze indiscriminate. Le RSF hanno condotto esecuzioni sommarie e deportazioni di massa, prendendo di mira in particolare le comunità tribali non arabofone.
Secondo l’inchiesta condotta da Sky News, Sudan War Monitor e The Lighthouse Report, e confermata dalle analisi satellitari dello Humanitarian Research Lab della Yale School of Public Health, numerose fosse comuni sono state scoperte nei dintorni di El Fasher, coperte da uno strato di terreno rosso, simbolo del sangue versato.
La più grande crisi umanitaria al mondo
La guerra civile in Sudan coinvolge ormai oltre 11 milioni di sfollati interni e circa 4 milioni di rifugiati nei Paesi confinanti, tra cui Egitto, Sud Sudan e Ciad. Medici Senza Frontiere (MSF) denuncia livelli catastrofici di malnutrizione, soprattutto tra i bambini, con oltre il 50% di malnutrizione acuta grave tra i piccoli sotto i cinque anni appena giunti da El Fasher a Tawila, città che ospita un campo profughi dove migliaia di sfollati cercano sicurezza.
Il dottor Vittorio Oppizzi, responsabile MSF per Sudan e Sud Sudan, testimonia il collasso del sistema sanitario locale, con farmaci spesso inutilizzati a causa della mancanza di personale e attrezzature. L’aumento delle violenze sessuali, sottostimate nelle statistiche ufficiali, e la diffusione della malnutrizione negli adulti sottolineano la gravità della situazione umanitaria. Le restrizioni agli aiuti internazionali e i tagli ai finanziamenti aggravano ulteriormente la crisi, con solo il 24% dei fondi richiesti per l’emergenza umanitaria raccolto finora.
Il conflitto e gli attori internazionali
La guerra in Sudan è un conflitto tra due potenti fazioni: le Sudan Armed Forces (SAF) del generale Al Burhan e le RSF guidate da Dagalo. Le RSF, sostenute da Emirati Arabi Uniti e alleati regionali come Sud Sudan, Etiopia, Libia orientale, Ciad e Kenya, mirano al controllo del Darfur e delle risorse strategiche del paese, inclusi il Mar Rosso, le miniere d’oro e l’agricoltura. Il progetto di Dagalo potrebbe sfociare nella dichiarazione d’indipendenza del Darfur in caso di insuccesso nella conquista del Kordofan, replicando uno scenario simile a quello libico.
Dall’altro lato, l’esercito di Al Burhan riceve supporto da Turchia, Egitto, Arabia Saudita e Iran, che si oppongono all’espansione emiratina e cercano di mantenere l’integrità territoriale del Sudan. Il ministro degli Esteri egiziano ha ribadito la fermezza del Cairo nel non accettare la divisione del paese.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha annunciato incontri con le parti in conflitto, mentre il cosiddetto “Quad” – formato da Stati Uniti, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Egitto – si presenta come mediatore, ma la sua efficacia è messa in dubbio dalla conflittualità degli interessi dei membri.
Attacchi aerei e crimini di guerra
Un rapporto recente di Human Rights Watch (HRW) ha documentato attacchi aerei indiscriminati condotti dalle SAF contro la città di Nyala, nel Darfur meridionale. Questi bombardamenti hanno colpito quartieri residenziali e commerciali, causando decine di vittime civili, tra cui donne e bambini. Le bombe utilizzate, imprecise e a largo raggio, hanno reso impossibile una distinzione tra obiettivi militari e civili, configurando crimini di guerra secondo il diritto internazionale umanitario.
Le RSF, dal canto loro, sono responsabili di saccheggi, detenzioni arbitrarie, stupri di massa e attacchi a strutture civili, inclusi ospedali e scuole. La comunità internazionale, pur consapevole, appare incapace di fermare la spirale di violenze.
La difficile situazione di Al-Fashir e il ruolo di MSF
Ad Al-Fashir, la popolazione civile è letteralmente intrappolata tra violenze e blocchi, con le RSF che impediscono l’accesso ai corridoi umanitari. I team di Medici Senza Frontiere hanno curato quasi 400 feriti e accolto oltre 700 sfollati solo negli ultimi giorni di ottobre, molti con ferite da arma da fuoco, torture e malnutrizione grave.
I sopravvissuti raccontano di massacri, rapimenti a scopo di riscatto e violenze sistematiche, con centinaia di famiglie ancora ostaggio delle milizie. MSF invita con urgenza le RSF a risparmiare i civili e consente loro di mettersi in salvo, mentre chiede alla comunità internazionale di intervenire per fermare questa mattanza.
Il conflitto continua a estendersi in altre aree come il Kordofan, dove la conquista di Babanusa da parte delle RSF alimenta il rischio di nuovi campi di sterminio, con comunicazioni e internet spesso oscurati per impedire la diffusione delle notizie.
La popolazione sudanese, stremata dalla guerra, dalla fame e dalle epidemie, vive una realtà di sofferenza quotidiana che rischia di essere dimenticata in un mondo distratto e diviso geopoliticamente.




