Sydney, 22 dicembre 2025 – Emergono nuovi dettagli sull’attentato terroristico avvenuto lo scorso 14 dicembre a Bondi Beach, nei pressi di Sydney, dove padre e figlio, Sajid e Naveed Akram, hanno compiuto una strage di matrice antisemita. Oltre all’uso di fucili, i due hanno lanciato almeno quattro ordigni esplosivi artigianali, tra cui una cosiddetta “palla da tennis-bomba”, che però non sono esplosi. Le informazioni, riportate da media internazionali tra cui la Bbc, si basano su documenti recentemente resi pubblici dalle autorità australiane.
L’attacco e il ruolo degli ordigni inesplosi
Gli autori dell’attentato a Bondi Beach avevano preparato meticolosamente l’attacco per mesi. Sajid, 50 anni, e Naveed, 24, avevano caricato nel loro veicolo tre armi da fuoco regolarmente detenute, quattro ordigni esplosivi artigianali e due bandiere dello Stato Islamico, che erano state esposte all’interno dei finestrini dell’auto parcheggiata vicino alla spiaggia. Prima di iniziare la sparatoria dal ponte pedonale, hanno lanciato tre bombe artigianali e la “palla da tennis-bomba”, tutte risultate funzionanti ma non esplose. Un quinto ordigno è stato trovato successivamente nel veicolo. Sajid è stato ucciso dalla polizia durante l’attacco, mentre Naveed, gravemente ferito, è stato trasferito dall’ospedale al carcere e ora affronta numerosi capi d’accusa, tra cui 15 per omicidio.
Il profilo degli attentatori di Bondi Beach
Sajid Akram, originario del Pakistan e residente in Australia dal 1998, gestiva un negozio di frutta e verdura e possedeva legalmente numerose armi da fuoco. Il figlio Naveed, nato in Australia, aveva perso il lavoro da operaio da qualche mese e aveva studiato religione. Entrambi avevano registrato un video manifesto a ottobre con la bandiera dello Stato Islamico, mentre filmati sul telefono di Naveed mostrano anche l’addestramento con le armi in una zona rurale del Nuovo Galles del Sud.
Le autorità stanno approfondendo i legami degli Akram con gruppi jihadisti, anche in seguito a precedenti indagini su Naveed, che nel 2019 era stato monitorato senza però essere arrestato. Le indagini tengono conto anche di viaggi recenti, inclusa una trasferta nelle Filippine, e dei contatti con centri islamici locali. La presenza delle bandiere dell’Isis sull’auto e il video manifesto suggeriscono una motivazione ideologica legata allo Stato Islamico.
L’attentato a Bondi Beach ha riaperto il dibattito sulla capacità delle forze di sicurezza australiane di prevenire tali minacce, con critiche per una presunta sottovalutazione del rischio, come denunciato anche da fonti israeliane. Nel 2024, un rapporto della polizia aveva già evidenziato problemi di personale e difficoltà nel monitoraggio, aspetti ora al centro dell’attenzione dopo la tragedia di Bondi Beach.
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