Parigi, 23 giugno 2025 – Un appello diretto e senza precedenti è stato lanciato da Parigi da Reza Pahlavi, figlio dell’ultimo scià dell’Iran e figura di riferimento dell’opposizione in esilio. Durante un intervento trasmesso dalla rete francese Bfmtv, Pahlavi si è rivolto al leader supremo iraniano, Ali Khamenei, invitandolo apertamente a dimettersi. “Dimettiti. Se lo farai, ti sarà garantito un processo equo, molto più di quanto tu abbia mai concesso a un qualsiasi cittadino iraniano”, ha dichiarato.
Secondo Pahlavi, l’Iran è stato trascinato in un conflitto devastante, del quale ritiene Khamenei il principale responsabile. Il regime islamico, ha affermato, è ormai in uno stato di profonda crisi e la sua permanenza al potere rappresenterebbe un pericolo non solo per l’Iran, ma anche per la comunità internazionale. “Finché resterà al potere – ha aggiunto – nessun Paese, nessun popolo potrà sentirsi al sicuro, che si trovi a Washington, Parigi o Gerusalemme”.
Durante una conferenza stampa, ripresa anche dal Guardian, l’oppositore ha sostenuto che “rapporti attendibili” indicherebbero come la famiglia di Ali Khamenei, insieme a quelle di altri alti funzionari del regime, stia già preparando una possibile fuga dall’Iran. Una mossa che, a suo avviso, dimostrerebbe quanto il potere della Repubblica islamica sia ormai al limite.
Pahlavi: “Questo è il nostro momento del Muro di Berlino”
Pahlavi ha descritto l’attuale momento come una svolta storica: “Questo è il nostro momento del Muro di Berlino”, ha affermato, facendo riferimento alla caduta simbolica di un sistema oppressivo. Tuttavia, ha anche messo in guardia dai pericoli di una fase così delicata. “Siamo a un bivio: una strada conduce a spargimenti di sangue e caos, l’altra offre la possibilità di una transizione democratica”.
Le parole di Pahlavi riflettono una crescente tensione, interna ed esterna, attorno al destino della Repubblica islamica. L’opposizione, forte di segnali di debolezza del regime, guarda a un futuro di cambiamento, mentre gli sviluppi restano incerti e potenzialmente esplosivi.
Ali Khamenei, guida suprema sotto pressione
Ali Khamenei, nato a Mashhad nel 1939, è la figura politica e religiosa più influente in Iran dal 1989, quando è stato nominato guida suprema dopo la morte dell’ayatollah Khomeyni. Ex presidente della Repubblica islamica dal 1981 al 1989, Khamenei detiene il più alto potere politico e religioso nella teocrazia sciita iraniana. Nonostante la sua autorità consolidata, la sua leadership è stata spesso criticata da vari settori, inclusi alcuni importanti dignitari religiosi e figure dell’opposizione.
Negli ultimi anni, la sua posizione è stata messa a dura prova da crescenti proteste interne e da una situazione economica e politica sempre più instabile. La recente dichiarazione di Pahlavi, esponente di spicco dell’opposizione in esilio e simbolo della monarchia deposta, evidenzia un momento di forte crisi per il regime, che sembra affrontare una sfida senza precedenti alla sua sopravvivenza.
Il quadro delineato da Reza Pahlavi si inserisce in un contesto internazionale dove l’Iran continua a essere al centro di tensioni geopolitiche, in particolare per il suo programma nucleare e il ruolo nella regione mediorientale.