LONDRA, 05 agosto 2025 – Un recente rapporto pubblicato dall’Institute for Strategic Dialogue (Isd), think tank con sede a Londra, evidenzia come i siti web dei media russi sanzionati e bloccati nell’Unione Europea rimangano in gran parte accessibili online, nonostante le restrizioni in vigore dal 2022. Le misure adottate dall’Ue per contrastare la diffusione di disinformazione attribuita a Mosca nell’ambito del conflitto in Ucraina si rivelano quindi inefficaci nella pratica.
Media russi ancora raggiungibili in Europa
Il rapporto dell’Isd sottolinea che, nonostante i blocchi imposti ai principali media statali russi come RT (Russia Today) e Sputnik, oltre ad altri organi di stampa controllati da Mosca accusati di condurre una vera e propria “guerra dell’informazione”, la maggior parte di questi siti web resta accessibile agli utenti europei. In particolare, nel 76% dei test effettuati in sei Paesi, inclusa l’Italia, i provider di servizi internet non sono riusciti a impedire l’accesso ai contenuti inseriti nella lista nera dell’Ue. Ciò evidenzia una sostanziale inefficacia dei blocchi tecnologici attuati a livello nazionale.
Secondo lo studio, la presenza online dei media statali russi è ancora molto forte e rappresenta una sfida persistente per le democrazie occidentali. Inoltre, il rapporto critica la Commissione europea per la sua “incapacità” di mantenere un elenco definitivo e aggiornato degli indirizzi web associati ai media sanzionati, elemento considerato fondamentale per consentire ai provider internet di operare con efficacia nella censura e nel blocco dei contenuti.
Le sanzioni e le criticità operative
Le restrizioni imposte dall’Ue avevano come obiettivo principale l’emittente RT, ribattezzata Russia Today, e i siti di Sputnik, noti per la loro linea editoriale pro-Kremlin e per aver diffuso informazioni giudicate false o manipolate riguardo alla guerra in Ucraina. Tuttavia, la difficoltà dei provider a bloccare completamente l’accesso ai contenuti mostra una falla nelle strategie di contrasto alla disinformazione adottate finora.
Il rapporto evidenzia come la mancanza di un elenco unico e ufficiale degli indirizzi web da bloccare costituisca un problema chiave, ostacolando la capacità di azione coordinata a livello europeo. Senza un database aggiornato e condiviso, i fornitori di servizi Internet si trovano spesso a dover affrontare situazioni di incertezza, compromettendo così l’efficacia delle misure restrittive.






