Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, ha espresso un giudizio realistico e prudente riguardo alle prospettive di pace nella regione di Gaza, in un’intervista trasmessa ieri sera dal Tg3. A distanza di due anni dagli eventi del 7 ottobre 2023, il porporato ha sottolineato le difficoltà che ancora gravano sul percorso di riconciliazione tra israeliani e palestinesi, pur riconoscendo alcuni elementi di novità nel quadro internazionale.
La difficile ripresa dopo il conflitto a Gaza
Nel suo intervento, Pizzaballa ha evidenziato che “il percorso è ancora tutto in salita” e ha richiamato l’attenzione sulla necessità imprescindibile del ritorno degli ostaggi israeliani nelle loro famiglie per poter “voltare pagina”. Il cardinale ha spiegato che l’intero Paese di Israele è bloccato dall’incertezza legata a questa questione, che impedisce di immaginare un futuro sereno e una visione condivisa.
Riguardo a Gaza, il patriarca ha descritto una situazione di devastazione totale: “È tutto distrutto, non c’è più niente. È tutto da ricostruire, non soltanto le infrastrutture, ma anche il tessuto sociale”. In questo contesto, ha escluso che una convivenza immediata tra i due popoli possa realizzarsi “subito dopo la fine della guerra” a causa dell’odio ancora troppo profondo. Occorrerà, secondo Pizzaballa, un lavoro di cura e di riflessione all’interno delle due società.
Il sostegno internazionale e la posizione della comunità religiosa
La posizione del cardinale si inserisce nel dibattito più ampio sul piano di pace promosso dagli Stati Uniti e dal presidente Donald Trump, che ha recentemente rilanciato iniziative diplomatiche per la risoluzione del conflitto. Pur riconoscendo la presenza di “tanta stanchezza” e “pressione popolare e internazionale”, Pizzaballa mantiene un atteggiamento cauto, sottolineando che la volontà reale di risolvere la crisi “non è proprio tutta lì”.
Parallelamente, la segreteria dell’associazione INSIEME ha diffuso un comunicato che si unisce all’appello per la cessazione delle ostilità a Gaza e il rilascio degli ostaggi, ribadendo che una soluzione duratura è possibile solo attraverso il pieno riconoscimento reciproco tra i due popoli e i due Stati. L’associazione richiama in particolare l’importanza del ritorno e dell’implementazione degli Accordi di Oslo del 1993, considerati i primi passi concreti verso una possibile convivenza.
In questo quadro, anche i patriarchi di Gerusalemme hanno denunciato la gravità dello sfollamento forzato nella Striscia di Gaza, definendolo “una condanna a morte” per centinaia di migliaia di civili, e hanno invitato la comunità internazionale a intervenire per porre fine alla guerra e restituire dignità e diritti alle popolazioni coinvolte.






