Ginevra, 14 novembre 2025 – Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha ordinato un’indagine urgente sulle gravi violazioni commesse a al-Fashir, la capitale del Nord Darfur, in Sudan, dove si registrano da mesi atroci abusi a seguito della presa della città da parte delle Forze di Supporto Rapido (RSF). La città, assediata e teatro di una crisi umanitaria senza precedenti, è ormai un simbolo della devastazione causata dalla guerra civile interna che imperversa in Sudan dal 2023.
Indagine Onu sulle atrocità a al-Fashir
Nel corso della 60ª sessione del Consiglio tenutasi a Ginevra, è stata approvata una risoluzione che incarica la Missione Internazionale Indipendente di Accertamento dei Fatti sul Sudan di investigare con urgenza le violazioni dei diritti umani a al-Fashir, dove dall’ottobre 2025 si sono susseguiti episodi di uccisioni di massa, violenze sessuali e torture perpetrate presumibilmente dalle RSF, milizia paramilitare guidata da Mohamed Hamdan Dagalo, noto come Hemedti. La risoluzione, oltre a documentare le violazioni, richiede di identificare i responsabili per assicurare la loro responsabilità penale.
Il Commissario Onu per i diritti umani, Volker Türk, ha sottolineato che queste atrocità erano prevedibili e prevenibili, definendole “i crimini più gravi” e denunciando la scarsa risposta internazionale. “Dalla presa di el-Fasher, si sono verificati massacri indiscriminati, esecuzioni mirate su base etnica, violenza sessuale di gruppo, rapimenti per riscatto e attacchi contro strutture sanitarie e operatori umanitari”, ha dichiarato Türk.
La situazione in Sudan: violenze e crisi umanitaria
La città di el-Fasher, con i suoi circa 265.000 abitanti prima del conflitto, è da anni un epicentro di tensioni. Dopo 18 mesi di assedio e combattimenti, le RSF hanno consolidato il controllo, costringendo quasi 100.000 civili alla fuga. I civili rimasti raccontano di attacchi indiscriminati e violenze brutali, mentre numerosi video e testimonianze documentano stupri di massa e uccisioni etniche contro le comunità Fur, Zaghawa e Masalit.
Le organizzazioni umanitarie denunciano la totale assenza di aiuti per oltre un anno: gli unici tentativi di rifornimento aereo sono falliti a causa della resistenza delle RSF e degli attacchi sistematici contro convogli di soccorso. I centri di distribuzione alimentare sono stati costretti a chiudere e la popolazione è allo stremo a causa della fame e dei bombardamenti. L’ultimo ospedale ancora operativo, il Saudi Hospital, è stato spesso preso di mira, mentre giornalisti locali continuano a essere vittime di violenze e intimidazioni.
Il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha esortato gli Stati influenti a cessare il supporto militare ai belligeranti e a favorire un cessate il fuoco immediato. Tuttavia, la guerra civile sudanese è ormai una guerra per procura, con attori regionali che sostengono le fazioni contrapposte, complicando ogni tentativo di diplomazia. Nel frattempo, la Corte Penale Internazionale dell’Aia procede nelle indagini sui crimini commessi in Darfur, con recenti condanne per atrocità passate, ma la situazione sul terreno continua a peggiorare senza un’azione efficace.
L’ONU ha inoltre rinnovato il mandato per un altro anno della missione di accertamento dei fatti, nonostante le difficoltà di accesso e la censura delle comunicazioni che limitano la trasparenza sugli eventi. La comunità internazionale resta in allarme per la possibilità che il conflitto sfoci in una divisione de facto del Sudan, con conseguenze destabilizzanti per l’intera regione africana.





