Sudan – 26 novembre 2025. Amnesty International ha pubblicato nuove testimonianze agghiaccianti raccolte da civili fuggiti da Al-Fashir, capitale del Darfur settentrionale, dopo la conquista della città da parte delle Forze di supporto rapido (Rsf) il 26 ottobre 2025. Questi racconti evidenziano un’ondata di violenze brutali contro la popolazione civile, tra cui esecuzioni sommarie, sequestri a scopo di riscatto e stupri sistematici di donne e ragazze, che vanno ad aggiungersi a un contesto di conflitto armato sempre più drammatico e complesso.
Orrore e violenza nelle strade di Al-Fashir
Le testimonianze raccolte da Amnesty International, attraverso 28 interviste svolte sia in presenza in Ciad che da remoto, raccontano di scene di terrore che si sono consumate subito dopo l’ingresso delle Rsf in città. Numerosi civili disarmati sono stati picchiati, uccisi o rapiti. Centinaia di cadaveri giacevano lungo le principali vie di Al-Fashir e sulle strade di fuga verso l’esterno della città.
Secondo Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, “Il mondo non può voltare le spalle di fronte a tali atrocità. Le prove raccolte indicano crimini di guerra e potenziali crimini contro l’umanità che devono essere perseguiti”. L’organizzazione ha sottolineato inoltre come il sostegno militare e logistico fornito dagli Emirati Arabi Uniti alle Rsf stia alimentando un circolo vizioso di violenza nel Sudan, esortando la comunità internazionale a intervenire per porre fine a questo supporto.
Sudan, i racconti dei sopravvissuti
Tra le testimonianze raccolte, emergono storie drammatiche come quella di Ahmed, 21 anni, che ha perso la moglie durante la fuga da Al-Fashir, mentre cercava di mettere in salvo i suoi figli. Dopo essere stato separato dai bambini, Ahmed ha assistito all’esecuzione sommaria del fratello e di altri uomini da parte delle Rsf, salvato per ragioni ignote insieme a due bambine orfane che ha poi cercato di proteggere fino a raggiungere Tawila.
Daoud, 19 anni, ha raccontato di essere stato inseguito e attaccato nella zona desertica ai confini della città, dove ha visto morire davanti a sé sette amici. Khalil, 34 anni, ha descritto un massacro in cui 17 persone sono state uccise dopo essere state costrette a sdraiarsi a terra, mentre lui è sopravvissuto fingendosi morto.
Badr, 26 anni, invece è stato catturato insieme ad altri uomini e donne mentre cercava di trasferire uno zio ferito fuori dalla città. “Si divertivano e ridevano mentre uccidevano i prigionieri e persino l’asino che trainava il carretto”, ha raccontato Badr, descrivendo anche la prigionia durante la quale è stato testimone di un’esecuzione filmata e utilizzata come minaccia per estorcere un riscatto di oltre 20 milioni di sterline del Sudan (circa 8.500 euro).
Violenza sessuale di massa: donne e bambine vittime di abusi
Uno degli aspetti più atroci emersi riguarda la sistematica violenza sessuale inflitta alle donne e alle ragazze da parte delle Rsf. Ibtisam ha denunciato di essere stata stuprata insieme alla figlia di 14 anni, che successivamente è morta a causa delle ferite e delle conseguenze psicologiche e fisiche subite.
Khaltoum, 29 anni, ha raccontato la sua fuga insieme alla figlia di 12 anni e ad altre donne, bloccate dalle Rsf e condotte al campo profughi di Zamzam. Qui, lei e altre dieci donne sono state violentate ripetutamente da uno dei combattenti mentre altri sorvegliavano. “Le donne più giovani venivano perquisite e poi stuprate in modo sistematico”, ha denunciato Khaltoum.
Il contesto del conflitto e la responsabilità internazionale
Il conflitto tra le Forze di supporto rapido e le Forze armate sudanesi (Fas) è iniziato nell’aprile 2023, causando decine di migliaia di morti e oltre 12 milioni di sfollati, configurandosi come la più grave crisi umanitaria attuale a livello mondiale. Amnesty International ha documentato crimini di guerra da parte delle Rsf e milizie arabe alleate, con attentati etnici contro la popolazione masalit e altre comunità non arabe del Darfur occidentale.
L’organizzazione ha inoltre evidenziato come il conflitto sia alimentato da un flusso costante di armi, in violazione di un embargo internazionale, in particolare da parte degli Emirati Arabi Uniti che sostengono le Rsf. Per questo motivo, Amnesty International chiede che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite rafforzi e estenda l’embargo sulle armi a tutto il Sudan e che deferisca alla Corte penale internazionale le violazioni in corso.
Infine, Agnès Callamard ha lanciato un appello a tutti gli attori regionali e internazionali, tra cui l’Unione Europea, l’Unione Africana, gli Stati Uniti, la Russia e la Cina, affinché esercitino pressioni diplomatiche immediate sulle Rsf per fermare le violenze contro i civili, in particolare la violenza sessuale di massa.
*Per ragioni di sicurezza, i nomi delle persone intervistate sono stati modificati.





