Bruxelles, 28 agosto 2025 – Tutti gli alleati della NATO, ad eccezione dell’Islanda, hanno raggiunto nel 2025 l’obiettivo minimo di spesa militare pari al 2% del PIL, secondo le ultime stime pubblicate dall’Alleanza Atlantica. L’Italia, in particolare, si distingue per un budget militare che supera i 45 miliardi di euro, un dato in netta crescita rispetto ai 18 miliardi del 2014.
La spesa militare nella NATO: un impegno condiviso
Gli Stati Uniti restano il primo Paese per spesa militare all’interno della NATO, con un impegno di quasi 980 miliardi di dollari nel 2025 (circa 900 miliardi di euro), corrispondente al 3,22% del PIL. Tra gli alleati europei, il Regno Unito spende 90,5 miliardi di euro (2,40% del PIL), segue la Germania con oltre 93,7 miliardi (dato riferito al 2024, pari al 2%), la Francia con 66,5 miliardi (2,05%), e l’Italia con 45,3 miliardi (2,01%). Anche la Spagna e i Paesi Bassi rispettano la soglia del 2%, con rispettivamente 33,1 e 26,1 miliardi di euro.
Nella media complessiva, la spesa militare della NATO nel 2025 si attesta al 2,76% del PIL, in aumento rispetto al 2,44% del 2023 e al 2,61% del 2024. Per Europa e Canada, la quota sale al 2,27%, contro l’1,74% di due anni fa. Questi dati sono stati elaborati sulla base di informazioni fornite dai ministeri della Difesa nazionali e integrate da proiezioni macroeconomiche.
Italia: verso un possibile aumento della spesa militare
L’Italia, attualmente al 2,01% del PIL e con una spesa militare di oltre 45 miliardi di euro, si prepara a un possibile aumento degli stanziamenti per la difesa. Il recente vertice NATO all’Aia ha infatti avviato discussioni per portare la spesa militare a un livello pari al 5% del PIL, di cui il 3,5% destinato agli armamenti e l’1,5% alle infrastrutture. L’Italia sostiene l’idea di raggiungere questo traguardo entro il 2035, concedendosi un margine di almeno dieci anni per adeguarsi.
L’ampliamento del budget potrebbe includere non solo le spese per gli armamenti, ma anche investimenti in infrastrutture materiali e immateriali, dalla cybersicurezza alla difesa spaziale, compresi porti e aeroporti a uso militare o misto. Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha persino ipotizzato che nel computo possano rientrare opere come il ponte sullo Stretto di Messina, strategico per la posizione mediterranea e la presenza di basi NATO in Sicilia.
La Commissione europea, nell’ambito del piano Rearm Europe, ha introdotto una clausola di salvaguardia che consente agli Stati membri di incrementare la spesa per la difesa fino a 1,5 punti percentuali di PIL all’anno in deroga al Patto di Stabilità. Tuttavia, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha espresso riserve sull’utilizzo di tale strumento, preoccupato per gli effetti sul percorso di riduzione del debito pubblico.
I dati confermano come la NATO mantenga un ruolo centrale nella sicurezza collettiva degli Stati membri, con una spesa militare complessiva che nel 2025 continua a crescere, evidenziando l’importanza attribuita alla cooperazione e all’impegno finanziario in ambito difensivo.






