Il conflitto in Myanmar, noto anche come Birmania, continua a mietere vittime e a devastare il tessuto sociale e infrastrutturale del Paese, ormai dilaniato da anni di guerra civile e repressione militare. L’ultimo drammatico episodio riguarda il bombardamento di un ospedale a Mrauk U, nello Stato di Rakhine, che ha causato almeno 33 morti e oltre 50 feriti. Questo attacco si inserisce in un contesto di intensificazione delle ostilità tra l’esercito governativo e le forze ribelli etniche, fra cui l’Arakan Army (AA), che controlla gran parte del territorio costiero, pari a un’area più vasta del Belgio.
Intensificazione della guerra in Myanmar
Gli attacchi aerei a Mrauk U e in altre località come Tabayin, nello Stato di Sagaing, riflettono la strategia delle Forze armate birmane (Tatmadaw) di riconquistare aree sotto il controllo delle milizie ribelli. Negli ultimi mesi, l’esercito ha rafforzato la coscrizione obbligatoria, mobilitando anche milizie locali e utilizzando tecnologie come i droni per contrastare l’avanzata delle forze insorte. Secondo analisi recenti, come quella dello ISEAS-Yusof Ishak Institute, il Tatmadaw ha ottenuto solo una “ripresa limitata”, riprendendo alcune posizioni negli Stati Shan, Kachin e Kayin, senza però invertire il corso complessivo del conflitto. Attualmente, la giunta militare controlla effettivamente solo il 20-30% del territorio nazionale, mentre ampie zone rimangono sotto il controllo di gruppi etnici armati.
Il conflitto si accompagna a una grave crisi umanitaria, con più di 4 milioni di sfollati interni e oltre 365.000 rifugiati che hanno cercato protezione nei Paesi confinanti come Thailandia, Bangladesh e India. Le infrastrutture sanitarie e scolastiche sono state duramente colpite: più di 400 strutture sanitarie distrutte o rese inutilizzabili e oltre 240 scuole bombardate o trasformate in basi militari. Anche i luoghi di culto non sono risparmiati, con oltre 200 siti religiosi danneggiati o distrutti negli ultimi quattro anni.
La resistenza delle comunità e il ruolo della Chiesa birmana
Nonostante la violenza e la povertà, la comunità locale continua a resistere e a sostenersi. La Chiesa birmana, attraverso figure come suor Naw Elsi delle Ancelle Missionarie del Santissimo Sacramento, si impegna con costanza nei villaggi più isolati, offrendo assistenza ai bambini, agli orfani e ai poveri. Attraverso la distribuzione di cibo, acqua, medicine e la costruzione di luoghi di preghiera e sostegno, la Chiesa supporta le famiglie nella difficile sfida di ricostruire un futuro.
Il conflitto in Myanmar ha un impatto devastante soprattutto sulla generazione più giovane. Un recente rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) ha evidenziato che oltre 18 milioni di giovani adulti, circa un terzo della popolazione, vivono in condizioni di estrema insicurezza psicologica, con disturbi d’ansia e paura costante per la propria incolumità. La coscrizione militare obbligatoria, in vigore dal 2024 per uomini e donne in determinate fasce d’età, ha aumentato la tensione, con numerosi casi di reclutamenti forzati e rapimenti.
L’interruzione degli studi e il blocco delle opportunità lavorative colpiscono soprattutto le giovani donne, che nelle aree rurali sono costrette a rinunciare all’istruzione e a subire discriminazioni accentuate dalla guerra. Questa situazione ha generato un massiccio esodo di giovani in cerca di rifugio all’estero, con la Thailandia che accoglie oltre 1,3 milioni di migranti birmani solo nel 2024. Tale fuga rischia di compromettere gravemente il futuro economico e sociale del Paese.






