Nel contesto delle tensioni in Medio Oriente, si riaccende il dibattito sulle forniture militari italiane a Israele, soprattutto dopo la sospensione del rilascio di nuove autorizzazioni da parte dell’Italia a partire dal 7 ottobre 2023. Nonostante questo blocco, restano attivi i contratti precedenti, sottoposti a una valutazione rigorosa da parte del governo italiano guidato dalla premier Giorgia Meloni.
Le restrizioni italiane sulle forniture di armamenti a Israele
Dal 7 ottobre 2023, l’Italia ha fermato l’attivazione di nuovi contratti per la vendita di armi a Israele, mantenendo però operativi quelli già in essere. La premier Meloni ha chiarito che l’autorizzazione all’esportazione sarà valutata caso per caso, con particolare attenzione a evitare che il materiale militare venga impiegato nella Striscia di Gaza. Nel 2024, infatti, l’Italia non ha concesso nuove autorizzazioni, mentre nel 2023 il valore complessivo delle forniture autorizzate si aggirava intorno ai 10 milioni di euro.
Le tipologie di armamenti italiani consegnati a Israele
Tra le forniture previste dai contratti precedenti, figurano i pezzi di ricambio per il caccia addestratore M-346, prodotto da Leonardo, il cui contratto risale al 2012, e l’elicottero addestratore AugustaWestland AW119, consegnato nel 2024. Inoltre, nel 2023 è stato fornito un cannone navale da 76 mm, sempre di fabbricazione Leonardo, inserito in un accordo tra Stati Uniti e Israele, con l’arma destinata a un’azienda americana.
L’export italiano comprende anche armi leggere, munizioni e componenti per sistemi di difesa, seppur in quantità significativamente minori rispetto ai maggiori fornitori mondiali.
Il ruolo dell’Italia nel commercio globale di armi verso Israele
Secondo dati aggiornati del SIPRI e delle fonti governative, gli Stati Uniti rappresentano il principale esportatore di armamenti a Israele, coprendo circa il 68% delle importazioni israeliane negli ultimi cinque anni, con un sostegno militare che include tecnologie di punta e un impegno finanziario che nel 2024 si attesta su diverse decine di miliardi di dollari. La Germania segue, con una quota del 30%, mentre l’Italia si colloca al terzo posto, con una quota inferiore all’1%, attestandosi su alcune decine di milioni di euro annui in valore.
Nonostante la posizione di terzo esportatore, il governo italiano ha adottato una linea più cauta rispetto ad altri paesi europei, sospendendo l’attivazione di nuove forniture e valutando con attenzione l’uso finale delle armi, in particolare nelle aree di conflitto come Gaza. Altri Stati europei mostrano posizioni divergenti: la Spagna ha imposto un embargo totale, mentre il Regno Unito ha congelato alcune forniture, e la Germania ha rivisto parzialmente la sua politica di esportazione.
L’Italia, quindi, pur mantenendo rapporti commerciali nel settore della difesa con Israele, opera con maggiore prudenza e trasparenza, bilanciando esigenze strategiche e pressioni internazionali legate al conflitto mediorientale.






