L’Egitto ha negato l’autorizzazione alla Marcia per Gaza che sarebbe dovuta partire dal Cairo e arrivare fino al valico di Rafah
L’Egitto ha ufficialmente negato l’autorizzazione alla “Global March to Gaza”, la marcia internazionale pacifica che sarebbe dovuta partire dal Cairo per raggiungere il valico di Rafah, unico accesso terrestre possibile verso la Striscia di Gaza. Gli organizzatori italiani sono stati informati in anticipo tramite comunicazione scritta e invitati a mettere in guardia i partecipanti sui potenziali rischi legati al mancato permesso. La Farnesina ribadisce che il Sinai del Nord è un’area a statuto militare, accessibile solo con una specifica autorizzazione egiziana, che al momento non è stata concessa né verranno garantite misure di sicurezza adeguate.
La Marcia: un impegno della società civile internazionale
La “Global March to Gaza” è nata come un’iniziativa dal basso, senza il supporto di organizzazioni ufficiali, e coinvolge cittadini, medici, attivisti, reporter e cooperanti, molti con esperienza diretta nei territori palestinesi. La delegazione italiana è guidata da Antonietta Chiodo, fotoreporter di guerra e portavoce nazionale dell’iniziativa, che ha sottolineato la natura pacifica e determinata della mobilitazione. Il percorso prevedeva una marcia a piedi di circa undici chilometri al giorno attraverso il Sinai, con soste e accampamenti lungo il tragitto, fino al valico di Rafah, simbolo della crisi umanitaria in corso.
Oltre 150 partecipanti italiani, tra cui avvocati, medici, reporter e parlamentari, avevano aderito all’iniziativa, sostenuta da oltre 150 ONG internazionali e da un team legale pronto a intervenire in caso di necessità. Le adesioni erano raccolte tramite un canale Telegram ufficiale, unico punto di riferimento per informazioni e iscrizioni, e si richiedeva ai partecipanti di compilare un modulo con dati personali e contatti per garantire assistenza e sicurezza.
Le motivazioni e i rischi della mobilitazione
La marcia nasce dalla volontà di rompere il blocco imposto alla Striscia di Gaza, dove gli aiuti umanitari sono bloccati da mesi, con conseguenze devastanti per la popolazione civile, in particolare per i bambini. Antonietta Chiodo ha ricordato come la situazione sia definita da molti come un “genocidio in mondovisione” e ha evidenziato il silenzio dei governi e la distorsione della narrativa mediatica occidentale. La marcia intendeva essere un atto politico, civile e umano, per riaffermare i diritti umani e il diritto internazionale, chiedendo la fine dell’assedio e l’apertura della frontiera di Rafah.
Tuttavia, le autorità egiziane non hanno concesso i permessi di ingresso nel Sinai, considerando la zona una regione militarizzata e ad alto rischio. Gli organizzatori avevano già avvertito i partecipanti del pericolo di controlli, interrogatori e possibili trattenimenti in aeroporto, sottolineando che la marcia si sarebbe svolta solo in caso di autorizzazione ufficiale. In caso di diniego esplicito, la delegazione italiana si sarebbe astenuta dal partire, pur invitando chiunque a unirsi ad altre delegazioni consapevoli dei rischi.
Nonostante il mancato via libera dall’Egitto, la mobilitazione proseguirà attraverso iniziative e manifestazioni in Italia e in altri Paesi durante le date previste della marcia, con l’obiettivo di mantenere alta l’attenzione internazionale sulla crisi umanitaria a Gaza e sul diritto di manifestare pacificamente per la dignità e la vita delle persone coinvolte.