L’uragano Melissa si sta dirigendo con forza catastrofica verso la Giamaica, dove potrebbe segnare un punto di non ritorno nella storia recente dei Caraibi. Classificato di categoria 5, il livello massimo della scala Saffir-Simpson, il ciclone ha già raggiunto venti sostenuti di 280 chilometri orari. Secondo il National Hurricane Center statunitense, si tratta dell’uragano più potente del 2025 e di uno dei più intensi mai osservati nell’Atlantico negli ultimi decenni.
Le immagini catturate il 26 ottobre dal satellite Sentinel-3 del programma europeo Copernicus mostrano con impressionante chiarezza la spirale del fenomeno mentre attraversava i Caraibi, diretto verso la costa giamaicana. Le rilevazioni di “brightness temperature” — la radiazione infrarossa emessa dalle nubi — indicano valori estremi, fino a -75 gradi nelle aree centrali del vortice: un segnale inequivocabile della potenza della tempesta e della profondità delle masse d’aria coinvolte.
La traiettoria e il contesto climatico
Secondo i centri meteorologici internazionali, Melissa si muove a una velocità di circa 8 chilometri l’ora verso nord-nordest, con un raggio d’azione di oltre 250 chilometri. Le prime raffiche, superiori agli 80 km/h, sono già state registrate a Kingston e Montego Bay.
L’Organizzazione meteorologica mondiale ha lanciato un allarme esteso per l’intera area caraibica, definendo la tempesta “potenzialmente devastante”. La temperatura superficiale del mare, che in queste settimane ha raggiunto i 30 gradi in più punti del Mar dei Caraibi, rappresenta un fattore cruciale nella genesi e nel mantenimento della potenza del ciclone: un oceano sempre più caldo offre infatti energia continua agli uragani, alimentandone la longevità e la forza distruttiva.
Gli esperti ricordano che il 2025 è già l’anno con la maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi nell’Atlantico dal 2017. “Quello che osserviamo è una tendenza coerente con il riscaldamento globale – spiega Petteri Taalas, segretario generale uscente dell’Omm –. L’aumento delle temperature oceaniche intensifica la convezione atmosferica e rende più probabili uragani di categoria 4 e 5“.
Emergenza umanitaria e risposta internazionale
La Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa stimano che almeno un milione e mezzo di persone potrebbero essere direttamente colpite dal passaggio di Melissa, ma si tratta di una stima “per difetto”. Le autorità giamaicane hanno predisposto l’evacuazione di vaste aree costiere e l’apertura di rifugi temporanei nell’entroterra, mentre la protezione civile di Cuba ha avviato il trasferimento di oltre 600mila residenti dalle province occidentali.
“In realtà, l’intera popolazione dell’isola potrebbe subire le conseguenze dell’uragano – ha dichiarato da Ginevra Necephor Mghendi, capo delegazione della Federazione internazionale della Croce Rossa per i Caraibi –. Non si tratta solo dei danni diretti, ma anche di interruzioni dei servizi essenziali, delle reti elettriche e idriche, della chiusura di scuole e mercati. È un impatto sistemico, che mette in crisi l’intera struttura economica e sociale di un Paese“.
Le Nazioni Unite hanno annunciato l’attivazione del meccanismo di coordinamento d’emergenza (UNDAC) e l’invio di squadre logistiche nella regione. L’Unione Europea, da parte sua, ha dichiarato lo stato di allerta del Copernicus Emergency Management Service per fornire mappe satellitari aggiornate e supportare le operazioni di soccorso.
La “nuova normalità” dei disastri climatici
L’uragano Melissa si inserisce in una sequenza sempre più fitta di fenomeni estremi che ridisegnano la geografia del rischio nel pianeta. La stagione 2025, secondo la NOAA, ha già superato la media storica di tempeste tropicali e uragani maggiori. L’intensità crescente di questi eventi non è più un’eccezione, ma una tendenza strutturale che impone una revisione profonda delle strategie di adattamento climatico e della cooperazione internazionale.
Nei Caraibi, in particolare, il costo economico e umano dei disastri naturali è aumentato del 40% nell’ultimo decennio. Intere comunità costiere vivono in precarietà permanente, mentre la ricostruzione procede più lentamente di quanto il clima consenta nuove ferite.
L’immagine satellitare di Melissa – un vortice bianco sospeso sull’oceano scuro – è più di un documento scientifico: è il simbolo di un’era in cui la potenza della natura riflette le fragilità della civiltà. La sfida non è più soltanto prevedere la prossima tempesta, ma imparare a conviverci.





