Medici Senza Frontiere (MSF) annuncia di aver ricevuto dal ministero degli Affari esteri della Libia un ordine ufficiale di lasciare il paese entro il 9 novembre. Si tratta di una decisione che segue l’analoga sospensione delle attività imposta lo scorso 27 marzo 2025, quando MSF, insieme ad altre nove organizzazioni non governative, era stata invitata a interrompere le operazioni nel territorio libico.
L’ordine di abbandonare la Libia e le preoccupazioni di MSF
In una lettera formale, le autorità libiche hanno imposto a Medici senza frontiere di cessare tutte le attività sanitarie nel paese. Steve Purbrick, responsabile dei programmi di MSF in Libia, ha espresso profondo rammarico per questa decisione, sottolineando che l’organizzazione ritiene di avere ancora un ruolo cruciale da svolgere, soprattutto nella diagnosi e nel trattamento della tubercolosi, nel supporto al sistema sanitario libico e nel garantire l’accesso alle cure per rifugiati e migranti, spesso esclusi dalle strutture sanitarie e vittime di detenzioni arbitrarie e violenze gravi.
Da marzo, MSF ha continuato a dialogare con le autorità libiche, manifestando la volontà di riprendere le attività mediche, ma la situazione resta critica. In un contesto di crescenti ostruzioni verso le ong, tagli ai finanziamenti internazionali e politiche europee stringenti sulle frontiere, attualmente non esistono organizzazioni internazionali che prestano assistenza medica ai rifugiati e migranti nella Libia occidentale.
L’impegno medico-umanitario di Medici Senza Frontiere
Nel 2024, in collaborazione con le autorità sanitarie libiche, MSF ha effettuato oltre 15.000 visite mediche, 3.000 sessioni di salute mentale individuali e 2.000 visite per la tubercolosi. L’organizzazione ha inoltre gestito un programma di evacuazione umanitaria verso l’Italia per pazienti vulnerabili non libici, con 76 persone assistite finora nel 2024 e altre 63 in lista per la fine dell’anno. Nel 2023, MSF ha fornito assistenza medica di emergenza in seguito alle inondazioni a Derna.
Parallelamente, MSF ha dovuto affrontare gravi difficoltà in altri contesti di crisi, come nella Striscia di Gaza, dove l’intensificarsi delle operazioni militari israeliane ha costretto l’organizzazione a evacuare l’ospedale da campo di Rafah e a chiudere 12 strutture sanitarie dall’inizio del conflitto, registrando numerosi attacchi alle infrastrutture mediche. Le attività sono state riprese all’ospedale Nasser di Khan Younis, ma la situazione rimane estremamente fragile a causa del blocco prolungato degli aiuti umanitari e del deterioramento del sistema sanitario locale.
In mare, MSF continua le operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale, dove nel 2024 ha salvato centinaia di migranti da imbarcazioni sovraffollate e precarie, nonostante le crescenti difficoltà operative imposte dalle autorità italiane e libiche. Queste criticità evidenziano la complessità del lavoro umanitario in aree di conflitto e la necessità di garantire un accesso sicuro e continuativo alle popolazioni vulnerabili.






