La Turchia permette a varie fazioni palestinesi, tra cui Hamas e la Jihad islamica, di svolgere addestramenti militari in Siria, suscitando preoccupazione in Israele. Ankara, in trattativa con Gerusalemme, non sta attualmente trasferendo armi. Diversi leader della Jihad sono stati arrestati per sospetto spionaggio
Come riportato da diverse fonti, la Turchia avrebbe autorizzato i soldati di alcune fazioni palestinesi, tra cui Hamas e la Jihad islamica, a condurre addestramenti militari all’interno della Siria. Questa notizia ha sollevato un allerta crescente in Israele, preoccupata per l’espansione della presenza militare di tali gruppi nel proprio vicinato.
La decisione della Turchia
Secondo i media israeliani, tali operazioni sarebbero state volute direttamente dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Questa decisione potrebbe rappresentare un passo significativo verso la creazione di un’influenza palestinese più marcata in Siria, un’area già instabile a causa della guerra civile e delle tensioni tra vari attori regionali. Israele sta seguendo con attenzione questi sviluppi, temendo che una maggiore presenza di Hamas e della Jihad islamica possa minacciare la propria sicurezza nazionale. Tuttavia, è importante notare che, al momento, non ci sono segnali di trasferimenti di armi da Ankara verso queste fazioni.
Incontri tra funzionari turchi e israeliani
La situazione si complica ulteriormente con i recenti incontri tra funzionari turchi e israeliani, mirati a coordinare le operazioni sul territorio siriano e a prevenire scontri diretti. Questo approccio ricorda le interazioni israeliane con la Russia, dove sono stati stabiliti canali di comunicazione per evitare conflitti in un contesto di guerra complesso. Le basi strategiche come T4 e Palmira, già teatro di attacchi aerei israeliani, rimangono cruciali per il monitoraggio delle attività militari.
Arresti e tensioni nella regione
Inoltre, le forze di sicurezza siriane hanno recentemente arrestato due figure chiave della Jihad islamica, accusandole di spionaggio per l’Iran. La Jihad islamica, a differenza di altre milizie palestinesi, ha mantenuto una presenza in Siria anche dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad, non avendo mai combattuto al suo fianco. Ciò ha permesso al gruppo di consolidare le proprie operazioni, nonostante gli attacchi mirati israeliani, l’ultimo dei quali ha colpito il segretario generale del movimento, Ziad al-Nakhalah. La situazione rimane tesa e imprevedibile, in un contesto dove ogni mossa può alterare l’equilibrio già fragile nella regione.






