Roma, 14 ottobre 2025 – Al Jazeera ha pubblicato le drammatiche testimonianze di alcuni detenuti palestinesi liberati da Israele a Khan Yunis, nella Striscia di Gaza. Le dichiarazioni riportate dall’emittente qatariota descrivono condizioni di detenzione estremamente dure, con il carcere di Ofer definito dagli ex prigionieri un vero e proprio “mattatoio“.
Le condizioni nei carceri israeliani secondo i detenuti palestinesi
Abdallah Abu Rafe, uno dei detenuti palestinesi rilasciati, ha raccontato la sua esperienza con parole forti: “Eravamo in un mattatoio, non in una prigione. Molti giovani sono ancora lì e la situazione è molto difficile. Non ci sono materassi, ci vengono sempre tolti, e il cibo è scarso e insufficiente”. Un altro detenuto, Yasin Abu Amra, ha definito le condizioni “pessime, pessime” in termini di cibo, oppressione e percosse, aggiungendo di non aver mangiato per giorni e di essere stato ridotto a divorare due dolci ricevuti al momento del rilascio.
Un altro palestinese liberato, Saed Shubair, ha espresso il senso di liberazione provato all’uscita: “La sensazione di vedere il sole senza sbarre è indescrivibile. La libertà non ha prezzo”. Tra i rilasciati c’è anche Mohammed al-Khalili, fratello del corrispondente di Al Jazeera Ibrahim al-Khalili, detenuto per oltre 19 mesi senza accuse formali. Mohammed ha parlato di una “grande lotta”, caratterizzata da violenze e umiliazioni, ma ha aggiunto: “Grazie a Dio, ora è tutto finito”.
Abusi e violenze nelle carceri israeliane
Anche Ahmed Awad, che ha scontato una condanna a tre ergastoli per omicidio ed è stato rilasciato a Ramallah, ha descritto alla Cnn con durezza il trattamento riservato ai detenuti palestinesi: “Ci umiliavano e ci picchiavano ogni giorno senza alcun motivo“. Un altro ex prigioniero, Faisal Mahmood Abdullah Al Khaleefi, condannato per reati di sicurezza e possesso di armi e detenuto per dieci anni, ha denunciato la mancanza di assistenza medica e le violenze perpetrate persino da chi avrebbe dovuto curarli: “Per quanto riguarda i dottori, quello che ci curava ci picchiava anche. Il primo a picchiarci è stato il dottore“.
Le condizioni di detenzione erano estremamente dure: i prigionieri sono stati lasciati esposti al sole per ore e costretti a subire maltrattamenti fisici come percosse e aggressioni tra detenuti. “Di tanto in tanto ci costringevano ad alzarci in piedi, ci picchiavano o ci gettavano addosso ai nostri compagni di cella“, ha aggiunto Al Khaleefi.
La nuova vita a Gaza
Come sottolineato da Al Jazeera, al momento Gaza resta un luogo terribile nel quale vivere, anche ora che i palestinesi non devono più vivere nella paura dei droni, dei bombardamenti e delle uccisioni.
Gran parte della popolazione è rimasta senza casa, senza cibo e senza nulla di ciò che possedeva. Non ci sono soldi, scuole o quartieri a cui fare ritorno: Gaza è oggi una terra devastata, dove la maggioranza delle persone vive letteralmente senza un tetto.
La domanda che tutti si pongono è cosa succederà dopo il cessate il fuoco. I palestinesi si sono svegliati nella tregua, ma anche nella consapevolezza che la normalità non esiste più. Le necessità più elementari — acqua, elettricità, infrastrutture — sono scomparse.
L’attesa ora è per gli aiuti umanitari, che molti sperano possano aumentare nei prossimi giorni. C’è chi necessita di cure mediche urgenti, e chi guarda con apprensione alla possibile riapertura del valico di Rafah mercoledì, che consentirebbe di lasciare o rientrare nella Striscia.
Restano tuttavia profonde preoccupazioni e interrogativi senza risposta: solo il tempo dirà se la speranza dei palestinesi di tornare a una vita dignitosa e normale potrà diventare realtà.






