Bruxelles, 25 novembre 2025 – La Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) si è pronunciata in modo chiaro sul riconoscimento dei matrimoni gay contratti in uno Stato membro diverso da quello di residenza, stabilendo che tali unioni devono essere riconosciute ai fini dell’esercizio dei diritti conferiti dal diritto europeo. Il caso riguarda due cittadini polacchi sposati legalmente in Germania che avevano richiesto la trascrizione del loro matrimonio nel registro civile polacco, richiesta respinta dalle autorità nazionali.
Il caso polacco e la sentenza della Corte Ue
Le autorità polacche avevano negato il riconoscimento del matrimonio omosessuale basandosi sul fatto che la legislazione nazionale non prevede il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Tuttavia, con un rinvio pregiudiziale, la Corte di giustizia ha stabilito che il rifiuto viola il diritto dell’Unione, in particolare la libertà di circolazione e soggiorno dei cittadini europei e il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Secondo la sentenza, infatti, uno Stato membro è obbligato a riconoscere lo stato coniugale acquisito legalmente in un altro Stato membro quando i coniugi hanno esercitato la loro libertà di circolazione all’interno dell’Unione.

La Corte ha sottolineato come, pur essendo la disciplina del matrimonio di competenza degli Stati membri, questi devono agire nel rispetto delle norme europee. In particolare, nel momento in cui una coppia crea una vita familiare in uno Stato ospitante, deve poterla continuare una volta tornata nel proprio Paese d’origine.
L’Europa tra riconoscimenti e prospettive dei matrimoni gay
Al gennaio 2025, il matrimonio tra persone dello stesso sesso è legalmente riconosciuto in 22 Stati membri dell’Unione, tra cui Germania, Francia, Spagna e Lussemburgo, mentre altri 10 Paesi offrono forme di unioni civili. La Polonia, come altri Paesi dell’Est europeo, consente solo una coabitazione con limitati effetti giuridici.
Questa sentenza si inserisce in un contesto europeo in cui il dibattito sul riconoscimento delle unioni omosessuali resta acceso, ma la giurisprudenza comunitaria e quella delle corti europee dei diritti umani spingono verso un’armonizzazione che garantisca ai cittadini dell’Ue il diritto a una vita familiare riconosciuta e tutelata in tutti gli Stati membri, almeno per quanto riguarda il riconoscimento delle unioni contratte altrove.
La decisione della Corte Ue rappresenta, dunque, un passo importante per il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini europei, rafforzando il principio di libera circolazione all’interno dell’Unione e imponendo agli Stati membri di riconoscere le unioni legittimamente costituite in altri Paesi europei, indipendentemente dalle loro leggi nazionali sul matrimonio omosessuale.






