La Cina ha annunciato una nuova strategia per affrontare il calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione, che prevede il rimborso totale delle spese di parto e un significativo aumento delle tasse sui preservativi, misura che entrerà in vigore dal 2026. L’obiettivo del governo è quello di ridurre gli oneri economici per le famiglie desiderose di avere figli, in un contesto di crisi della fertilità che rischia di compromettere le prospettive di crescita economica a lungo termine.
La Cina combatte la denatalità: parto gratuito e maggiori agevolazioni sanitarie per le gestanti
Secondo quanto riportato dall’agenzia Xinhua, la Cina si impegnerà a garantire che nessuna spesa diretta sarà a carico delle donne per il parto, includendo anche una migliore copertura per i controlli prenatali e le tecniche di sollievo dal dolore durante il travaglio. Questo intervento si inserisce in un più ampio piano di ampliamento del programma nazionale di assicurazione sanitaria, presentato recentemente a una conferenza nazionale sul tema della fertilità tenutasi nella capitale Pechino.
Zhang Ke, direttore della National Healthcare Security Administration, ha sottolineato come la misura rappresenti il fulcro di un’iniziativa volta a stimolare il tasso di natalità, attualmente stagnante intorno all’1%. “Miglioreremo adeguatamente il livello di copertura delle spese mediche prenatali, impegnandoci a raggiungere l’obiettivo nazionale di ‘zero spesa diretta’ per il parto”, ha dichiarato in un discorso ufficiale. Il governo mira così a ridurre l’onere finanziario che spesso scoraggia le famiglie a mettere al mondo più figli.
Aumento delle tasse sui preservativi: una mossa controversa
A partire dal 1° gennaio 2026, invece, preservativi e altri contraccettivi saranno soggetti a un’aliquota IVA del 13%, in un tentativo di disincentivare l’uso della contraccezione e favorire l’aumento delle nascite. Si tratta della prima modifica di questo tipo in oltre trent’anni, poiché questi prodotti erano esenti da tassazione dal 1993, quando la Cina adottò la politica del figlio unico.
La decisione fa parte di una nuova legge sull’IVA approvata nel 2024, che ha come fine la modernizzazione del sistema fiscale cinese. Tuttavia, l’inserimento di questa tassazione sui preservativi è stato percepito come una scelta “di carota e bastone” da parte delle autorità cinesi, che cercano di bilanciare incentivi economici alle nascite con misure restrittive verso la contraccezione.
Cina: contesto demografico ed economico
La Cina, con una popolazione stimata a oltre 1,4 miliardi di abitanti, è il secondo paese più popoloso al mondo, ma il suo tasso di crescita demografica è in forte rallentamento. La fecondità è scesa a livelli preoccupanti, attestandosi attorno a 1,7 figli per donna nel 2017 e ulteriormente ridotta negli anni successivi. Questo fenomeno ha generato allarme per il futuro economico, dato l’aumento della spesa sociale e della sicurezza sociale connessi al rapido invecchiamento della popolazione.
Il governo cinese, guidato dal Partito Comunista Cinese con Xi Jinping come capo di Stato, ha pertanto adottato un approccio integrato per contrastare questa tendenza, combinando politiche di sostegno economico alle famiglie con interventi fiscali mirati a influenzare le scelte riproduttive.
Le reazioni e le sfide future
L’iniziativa ha suscitato dibattiti sia all’interno della Cina sia a livello internazionale. Da un lato, la copertura totale delle spese per il parto è stata accolta positivamente come un passo avanti nel sostenere le donne e le giovani coppie. Dall’altro, l’aumento dell’IVA sui preservativi è visto come una misura controversa che potrebbe avere conseguenze sulla salute sessuale e riproduttiva della popolazione.
Il governo cinese dovrà inoltre affrontare la sfida di implementare efficacemente queste misure in un Paese vasto e variegato, con profonde differenze regionali e sociali. Resta da vedere come queste politiche influenzeranno il tasso di natalità nei prossimi anni e se riusciranno a invertire la tendenza di declino demografico che preoccupa le autorità di Pechino.






