Bruxelles, 12 dicembre 2025 – Secondo Kaja Kallas, Alta rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza ed ex premier estone, il principale ostacolo a una pace duratura resta la Russia. Per lei, anche nel caso in cui l’Ucraina ottenesse solide garanzie di sicurezza, l’assenza di concessioni da parte di Mosca lascerebbe comunque aperta la porta a nuovi conflitti, magari non necessariamente in territorio ucraino ma altrove. Fin dal primo giorno del suo mandato, Kallas sostiene con fermezza le ragioni di Kiev e invita a non dimenticare la realtà del conflitto: da un lato c’è un aggressore, dall’altro una vittima. Lo ha ribadito in una conversazione con il Corriere della Sera, avvenuta poco prima della sua partecipazione alla telefonata della Coalizione dei Volenterosi.
Kallas, la pace tra Ucraina e Russia e le divergenze con gli USA
Alla domanda se si sia vicini a un accordo di pace, Kallas riconosce che lo slancio mostrato dagli Stati Uniti rappresenta un segnale positivo. Tuttavia, sottolinea come manchi ancora un’autentica volontà di pace da parte russa: Mosca continua a bombardare civili e infrastrutture ucraine, e questo rende impossibile anche solo immaginare un percorso credibile verso la fine delle ostilità. Per una pace sostenibile, afferma, occorre innanzitutto vedere un cessate il fuoco e poi garantire che la Russia non possa tornare ad attaccare. Questo significa ottenere concessioni concrete da parte russa, che possono riguardare il ridimensionamento del proprio esercito o del bilancio militare.
Quanto ai punti di divergenza tra Unione Europea e USA sulla versione aggiornata del piano di pace proposto dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Kallas ricorda che la pace deve essere negoziata tra Kiev e Mosca, ma che l’Europa ha pieno diritto di intervenire quando si parla di architettura di sicurezza europea. Esistono per lei alcuni principi irrinunciabili: i confini non possono essere modificati con la forza, non devono esserci concessioni territoriali né riconoscimento delle occupazioni, e soprattutto non si può immaginare un sistema di sicurezza europeo che attribuisca alla Russia un ruolo diretto.

L’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e l’utilizzo degli asset russi
Un altro tema cruciale riguarda l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea. Gli USA indicano il 2027 come possibile data, ma Kallas ribadisce che si tratta di un processo basato sul merito, e che la decisione finale spetta agli Stati membri. Vede però in questa proposta americana un segnale politico importante, soprattutto nei confronti di chi blocca l’avanzamento del percorso ucraino, come l’Ungheria. La pressione statunitense, secondo lei, potrebbe contribuire a far cadere questo veto, pur senza alterare il principio meritocratico delle adesioni.
Un altro fronte di confronto riguarda gli asset russi immobilizzati in Europa. Kallas assicura che l’Unione sta procedendo con i propri piani e che il messaggio è chiaro su più livelli: alla Russia, per ribadire che non potrà resistere né spendere più dell’Europa; all’Ucraina, per confermare la continuità del sostegno; e agli stessi USA, per affermare l’autonomia europea nelle decisioni che la riguardano. A questo proposito, ricorda anche la determinazione del presidente del Consiglio europeo, António Costa, che ha dichiarato di voler arrivare a una decisione definitiva.

Riguardo alle resistenze del Belgio, Kallas ritiene che vadano prese sul serio. L’Unione è composta da 27 Paesi e serve sempre l’accordo di tutti. Tuttavia, il fatto che la proposta sia un atto legislativo europeo riduce i rischi per ogni singolo Stato, poiché l’eventuale contenzioso internazionale ricadrebbe sull’intera Ue. E poi, osserva, quale tribunale potrebbe davvero sostenere che, dopo le distruzioni in Ucraina, quei fondi debbano essere restituiti alla Russia senza che questa abbia versato alcuna riparazione?
Mosca, intanto, minaccia ritorsioni. Ma Kallas precisa che la Russia non possiede asset sovrani significativi da colpire e che quindi potrebbe prendere di mira solo beni privati, come peraltro ha già fatto nazionalizzando varie aziende europee presenti nel Paese.
Le preoccupazioni sugli asset
Alla preoccupazione che alcuni Stati possano ritirare i propri asset, Kallas risponde ricordando che timori simili si erano manifestati già al momento del congelamento iniziale, ma l’euro ha dimostrato di essere più solido che mai. E porta anche un precedente storico: dopo l’invasione del Kuwait, gli asset iracheni vennero congelati e trasferiti al Kuwait come riparazione.
Sul tema del debito comune, proposto dal Belgio come alternativa, Kallas afferma di essere stata da tempo favorevole agli eurobond: raccogliere capitale insieme permette di ridurre i costi e distribuire i rischi. Tuttavia, constata che i cosiddetti Paesi frugali si sono sempre opposti, sostenendo di non poter ottenere l’approvazione dei loro Parlamenti. Mancando il consenso unanime, la strada resta bloccata.
A chi sostiene che Paesi del Sud come Italia e Spagna non stiano contribuendo abbastanza, Kallas evita ogni polemica: non vuole puntare il dito contro nessuno, ma osserva che il semplice fatto che la guerra continui dimostra che, collettivamente, l’Europa non ha ancora fatto abbastanza.

Kallas, i rapporti con gli USA
Quanto ai rapporti con gli USA, pur criticata da alcuni per averli definiti il più grande alleato dell’Ue, Kallas pone una domanda semplice: se non loro, chi? Pur riconoscendo le divergenze e giudicando assurde certe critiche americane sulla mancanza di libertà in Europa, ricorda l’esperienza della sua Estonia sotto occupazione russa, che le ha dato una consapevolezza diretta di cosa significhi vivere senza diritti.
Sulla possibilità che l’Europa possa camminare da sola nella difesa, Kallas sostiene che si stanno facendo passi avanti, ma occorre procedere molto più rapidamente. L’autonomia europea richiede l’impegno di tutti, anche dei Paesi lontani dal conflitto che non percepiscono la stessa urgenza.
Infine, alle accuse di essere troppo intransigente verso la Russia, Kallas risponde raccontando che un leader dell’Europa occidentale le fece notare come le sue stesse posizioni, se espresse da altri, non verrebbero considerate radicali. E infatti, sottolinea, ciò che dice è in linea con le dichiarazioni di molti altri leader europei: se appare più dura, è solo questione di percezione e forse di un pregiudizio nei suoi confronti.
Riguardo allo scandalo che ha coinvolto il Servizio europeo per l’azione esterna, Kallas riconosce che le vicende recenti hanno scosso l’istituzione e ribadisce l’importanza di indagini rigorose, svolte nel rispetto della presunzione di innocenza e del giusto processo. L’Ue, conclude, sta cooperando pienamente, pur considerandolo un episodio molto spiacevole.






