Ginevra, 29 agosto 2025 – L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha reso noto un allarmante bilancio riguardo alla situazione della pena di morte in Iran. Dall’inizio dell’anno, sono state documentate almeno 841 esecuzioni, un numero che potrebbe essere addirittura sottostimato, secondo quanto dichiarato dalla portavoce dell’Onu, Ravina Shamdasani.
Un incremento drammatico delle esecuzioni
Solo nel mese di luglio, le autorità iraniane hanno eseguito la pena capitale su 110 persone, più del doppio rispetto allo stesso periodo del 2024. Questo dato segue un trend di forte aumento delle esecuzioni registrato nella prima metà del 2025. L’ONU ha inoltre documentato sette esecuzioni pubbliche, una pratica che sottolinea la gravità della repressione in atto. Attualmente, undici persone sono a rischio di esecuzione imminente: sei sono accusate di ribellione armata per la presunta appartenenza al gruppo Mojahedin-e-Khalq (MEK), mentre cinque sono legate alle proteste del 2022. Il 16 agosto scorso, la Corte Suprema iraniana ha confermato la condanna a morte dell’attivista per i diritti dei lavoratori Sharifeh Mohammadi.
L’appello dell’ONU contro la pena di morte
L’Onu ha ribadito che la pena di morte è incompatibile con il diritto alla vita e con la dignità umana, rappresentando un rischio “inaccettabile” di eseguire persone innocenti. Volker Türk, Alto Commissario Onu per i diritti umani, ha esortato l’Iran a imporre una moratoria sull’applicazione della pena capitale come primo passo verso la sua abolizione definitiva. Ravina Shamdasani ha inoltre denunciato l’uso della pena di morte come strumento sistematico di intimidazione, con un impatto sproporzionato sulle minoranze etniche e sui migranti nel Paese.
Questi dati evidenziano una situazione di crescente emergenza in Iran, che conta circa 92 milioni di abitanti e continua a mantenere la pena capitale come parte integrante del proprio sistema giudiziario.






