Il presidente della Federal Trade Commission, Andrew Ferguson, ha riacceso i riflettori su uno dei temi più controversi dell’arena politica americana: l’imparzialità dei filtri antispam di Gmail. In una lettera indirizzata all’amministratore delegato di Alphabet, Sundar Pichai, Ferguson ha richiamato l’attenzione su un’inchiesta del New York Post, secondo cui il servizio di posta elettronica penalizzerebbe le comunicazioni dei repubblicani.
Le accuse a Gmail: ecco cosa sta succedendo
Al centro delle accuse, le rilevazioni della società Targeted Victory: i messaggi legati a WinRed, la principale piattaforma di raccolta fondi del Partito Repubblicano, verrebbero intercettati dai filtri come spam con frequenza molto più alta rispetto a quelli provenienti da ActBlue, il corrispettivo democratico.
Il presidente della FTC non ha usato mezzi termini: se le pratiche di Gmail impediscono agli utenti di ricevere messaggi politici o di donare liberamente, ha scritto, si potrebbe configurare una violazione del FTC Act per pratiche commerciali scorrette o ingannevoli. In quel caso, l’agenzia federale non escluderebbe un’indagine formale con possibili azioni di enforcement.
La replica di Mountain View
Google respinge con decisione ogni accusa di parzialità. Un portavoce ha ribadito che i filtri di Gmail si basano su criteri oggettivi – come il volume di invii simultanei e le segnalazioni degli utenti – e che non vi è alcuna discriminazione politica: “Le regole sono uguali per tutti, indipendentemente dall’affiliazione”. L’azienda ha inoltre dichiarato la propria disponibilità a collaborare con la FTC per chiarire la vicenda.
Una polemica ricorrente
Le accuse di censura rivolte a Gmail dai conservatori non sono nuove. Nel 2023, sia la Commissione elettorale federale sia un tribunale federale hanno respinto le denunce del Comitato Nazionale Repubblicano, ritenendo infondate le tesi di parzialità algoritmica. Nonostante ciò, l’RNC appare intenzionato a riaprire la partita legale.
Il caso si inserisce in un contesto politico più ampio, in cui anche la FTC è finita sotto i riflettori. Un giudice federale ha infatti recentemente bloccato un’inchiesta dell’agenzia contro Media Matters, giudicandola ritorsiva. Un segnale che la battaglia sulla regolazione delle grandi piattaforme digitali è destinata a intrecciarsi sempre più con gli equilibri politici di Washington.






