Tony Blair non farà parte del board di pace per Gaza previsto dal piano di Donald Trump, dopo l’opposizione espressa da alcuni paesi arabi e musulmani. A riportarlo è il Financial Times, secondo cui l’ex primo ministro britannico è stato escluso silenziosamente dalla lista dei candidati per il consiglio che Trump intendeva presiedere personalmente.
Il rifiuto al coinvolgimento di Tony Blair per Gaza
Mentre i sostenitori di Blair avevano ricordato il suo ruolo chiave nella fine della violenza in Irlanda del Nord, i critici hanno sottolineato il suo scarso successo come rappresentante del Quartetto per il Medio Oriente, formato da Onu, Unione Europea, Stati Uniti e Russia, incaricato di mediare la pace nella regione. Nel mondo arabo, inoltre, Blair è visto con diffidenza soprattutto a causa del suo coinvolgimento nell’invasione dell’Iraq del 2003 guidata dagli Stati Uniti, evento che ha lasciato un segno negativo sulla sua reputazione.
Nonostante la sua esclusione dal board di pace, Tony Blair rimane una figura centrale nel progetto di ricostruzione post-bellica della Striscia di Gaza. Secondo fonti aggiornate, l’ex premier britannico è infatti stato indicato come uno dei componenti di un comitato che guiderà la transizione nella Striscia, con un ruolo fondamentale nel disegnare il futuro della zona dopo il conflitto.
L’Italia punta a un ruolo nella governance di Gaza
Nel frattempo, l’Italia, rappresentata dalla premier Giorgia Meloni, ha manifestato la volontà di partecipare attivamente al piano di pace. In contatti diretti con Blair, l’Italia si è detta pronta a contribuire con un aumento del contingente di carabinieri per addestrare la polizia palestinese, la partecipazione a una forza di pace multilaterale e la presenza nel board che dovrà governare la Striscia di Gaza nei primi tempi della ricostruzione. Meloni ha inoltre lanciato un appello all’unità politica in Parlamento per sostenere la pace, sottolineando l’importanza di lavorare su proposte serie e concrete.
L’ex inviato speciale del Quartetto, Blair, che ha guidato il Medio Oriente dal 2007 al 2015 con risultati controversi, continua quindi a mantenere un ruolo di rilievo strategico, seppure non ufficiale, nell’orientare gli sviluppi futuri di Gaza, una delle aree più complesse e conflittuali del pianeta.





