La Protezione Civile Palestinese di Gaza lancia un allarme drammatico sulla situazione nell’enclave palestinese, dove si stima che oltre 10 mila persone siano ancora disperse sotto le macerie causate dai pesanti bombardamenti degli ultimi due anni. A riferirlo è Ahmed Radwan, responsabile stampa della Protezione Civile nella città di Rafah, che ha sottolineato l’enorme difficoltà delle operazioni di soccorso, aggravate dalla carenza di attrezzature e forniture mediche.
Decine di migliaia di vittime sotto le macerie
Secondo quanto riportato da Al-Jazeera e confermato da fonti locali, le squadre di soccorso hanno estratto oltre 38.300 corpi dall’inizio del conflitto, mentre i feriti accertati superano i 170mila. Radwan ha denunciato che le squadre non riescono a soccorrere tutti i feriti a causa dell’assenza di macchinari pesanti, necessari per rimuovere le macerie e recuperare i corpi. L’agenzia di protezione civile ha inoltre evidenziato come Israele stia “deliberatamente” prendendo di mira i soccorritori, violando il diritto internazionale.
Le condizioni a Gaza sono aggravate dalla devastazione dell’80% degli edifici nella Striscia, con oltre 163.000 strutture danneggiate o distrutte, secondo un’analisi Onu. La rimozione delle macerie, stimata intorno a 61 milioni di tonnellate, richiederà anni di lavoro, complicato dalla presenza di ordigni inesplosi e materiali pericolosi come amianto e metalli pesanti.
Il difficile recupero dei morti a Gaza
Le alte temperature estive hanno accelerato la decomposizione dei corpi, aumentando il rischio di diffusione di malattie. Tra maggio e settembre sono stati segnalati oltre 1.300 casi sospetti di meningite virale. La contaminazione delle falde acquifere, dovuta al collasso delle infrastrutture idriche e fognarie, peggiora ulteriormente la situazione sanitaria.
In questo contesto, la comunità internazionale e i soccorritori locali sottolineano l’urgenza di fornire macchinari pesanti e personale specializzato per accelerare il recupero dei corpi e la bonifica del territorio, al fine di prevenire una catastrofe sanitaria e umanitaria ancora più grave.






