Un duro richiamo è giunto dalla Casa Bianca nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per la recente violazione della tregua a Gaza. La tensione tra gli Stati Uniti e il governo israeliano si è acuita dopo un attacco israeliano a Gaza City, che ha portato all’uccisione di Raed Saad, vice comandante dell’ala militare di Hamas, figura chiave negli attacchi del 7 ottobre. Secondo funzionari statunitensi, l’operazione non è stata né notificata né consultata con Washington, un gesto che ha irritato profondamente l’amministrazione del presidente Donald Trump, artefice della mediazione dell’accordo di cessate il fuoco.
Il duro messaggio della Casa Bianca a Netanyahu per la violazione della tregua a Gaza
Fonti ufficiali americane riportano che il segretario di Stato Marco Rubio, insieme all’inviato della Casa Bianca Steve Witkoff e al consigliere e genero di Trump, Jared Kushner, hanno manifestato una crescente frustrazione nei confronti di Netanyahu, in vista dell’incontro previsto il 29 dicembre a Mar-a-Lago tra il premier israeliano e il presidente statunitense. Un alto funzionario della Casa Bianca ha spiegato: “Se Netanyahu vuole rovinare la sua reputazione e dimostrare di non rispettare gli accordi, può farlo, ma non permetteremo che venga compromessa la reputazione del presidente Trump dopo la mediazione dell’accordo su Gaza”.
Un funzionario israeliano ha confermato che la Casa Bianca è rimasta scontenta, pur minimizzando il tono dello scontro, sostenendo che alcuni Paesi arabi vedono l’azione israeliana come una violazione del cessate il fuoco. Tuttavia, secondo i funzionari statunitensi, il messaggio è stato inequivocabile: Israele ha violato la tregua. Axios sottolinea che questo episodio rappresenta l’ultimo di una serie di contrasti tra la Casa Bianca e il governo Netanyahu, soprattutto per quanto concerne la politica regionale e le operazioni militari transfrontaliere.
Le frizioni tra Washington e Tel Aviv sulla politica regionale
L’amministrazione Trump ritiene che le azioni militari di Netanyahu stiano complicando gli sforzi statunitensi per stabilizzare la Siria e per raggiungere un nuovo accordo di sicurezza tra Siria e Israele. Inoltre, cresce la preoccupazione per la violenza dei coloni israeliani contro i palestinesi e per quelle che gli Stati Uniti definiscono “provocazioni” di Israele, che rischiano di compromettere l’espansione degli Accordi di Abramo, in particolare con l’Arabia Saudita.
Gli Stati Uniti, pur non chiedendo a Israele di compromettere la propria sicurezza, invitano Netanyahu a evitare azioni percepite come provocatorie nel mondo arabo. Un funzionario della Casa Bianca ha ribadito: “Non chiediamo a Netanyahu di compromettere la sicurezza di Israele, ma di non compiere passi che nel mondo arabo sono visti come provocazioni”. In particolare, la Casa Bianca critica la “miopia” del premier israeliano soprattutto riguardo alla seconda fase dell’accordo di pace, che prevede un maggiore arretramento delle truppe israeliane a Gaza. Il presidente Trump ha esortato Netanyahu a essere “un partner migliore su Gaza” durante una recente telefonata.
Secondo un funzionario statunitense, Witkoff e Kushner sono “furiosi per l’inflessibilità israeliana su diverse questioni legate a Gaza”, una frustrazione che si riflette nelle crescenti tensioni diplomatiche tra i due alleati.
La tregua regionale e il ruolo di Trump
Parallelamente, va ricordato che la tregua tra Israele e Iran, anch’essa mediata dal presidente Trump, ha retto nonostante le preoccupazioni per possibili violazioni. Trump stesso ha dovuto intervenire duramente per fermare azioni militari che avrebbero potuto compromettere l’accordo, ammonendo Israele di evitare bombardamenti che avrebbero rappresentato “una grave violazione”. L’amministrazione statunitense continua a lavorare per mantenere la stabilità nella regione, monitorando con attenzione le dinamiche che coinvolgono Israele, Gaza e l’Iran.
In questo contesto complesso, la Casa Bianca appare determinata a mantenere il proprio ruolo di mediatore e supervisore degli accordi di pace, ma emerge con chiarezza la crescente irritazione verso l’atteggiamento del governo Netanyahu che, secondo Washington, rischia di compromettere i progressi diplomatici finora raggiunti.






