L’ennesima ondata di violenza si abbatte sulla Striscia di Gaza, dove nelle ultime 24 ore sono state registrate 103 vittime e 427 feriti a seguito dei raid israeliani, secondo il ministero della Salute controllato da Hamas. Il conflitto, in corso dal 7 ottobre 2023, ha già provocato un bilancio tragico con oltre 55.000 morti dall’inizio delle ostilità, di cui quasi 5.000 solo dopo la fine del cessate il fuoco del 18 marzo scorso
Nuovi raid e crisi umanitaria a Gaza
La parte settentrionale di Gaza è stata colpita duramente dai raid israeliani, che hanno causato oltre cento vittime civili in sole 24 ore, come riferito dalla protezione civile palestinese. La situazione umanitaria nella Striscia, dove vivono circa due milioni di abitanti, è critica: il blocco imposto da Israele impedisce l’ingresso di aiuti essenziali, mentre la popolazione rischia la fame. Federico Borrello, direttore ad interim di Human Rights Watch, ha denunciato che “il blocco israeliano ha trasceso le tattiche militari, diventando uno strumento di sterminio”.
Gli Stati Uniti, rappresentati dal segretario di Stato Marco Rubio, hanno espresso preoccupazione per la crisi umanitaria, aprendo a piani alternativi per la distribuzione degli aiuti. Tuttavia, l’ONU ha annunciato che non parteciperà alla distribuzione degli aiuti tramite la nuova fondazione sostenuta dagli USA, la Gaza Humanitarian Foundation.
Hamas e il contesto politico-militare
Hamas, organizzazione islamista sunnita nata nel 1987 come braccio operativo dei Fratelli Musulmani in Palestina, governa la Striscia di Gaza dal 2007 dopo aver vinto le elezioni legislative palestinesi nel 2006. Oltre a svolgere un ruolo politico, mantiene un’ala militare, le Brigate Izzeddin al-Qassam, attive nel conflitto con Israele. Il movimento è considerato terroristico da molti Paesi, tra cui Stati Uniti, Unione Europea e Israele, mentre altri stati e l’ONU non ne riconoscono questa classificazione.
Il conflitto ha profondamente segnato la vita a Gaza, con un impatto devastante sulla popolazione civile. Uno studio recente pubblicato su The Lancet ha evidenziato una perdita di aspettativa di vita di circa 35 anni nella Striscia durante il primo anno di guerra, una delle più drammatiche riduzioni mai registrate a livello mondiale.
L’attuale escalation di violenza e il blocco continuano a provocare sofferenze indicibili tra i gazawi, intrappolati in una crisi umanitaria senza precedenti, mentre la comunità internazionale osserva e cerca soluzioni in un contesto geopolitico altamente complesso e instabile.






