Una rappresentanza di leader cristiani in Terra Santa ha criticato duramente le recenti affermazioni del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che durante un discorso all’Onu aveva attribuito all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) la responsabilità del declino demografico dei cristiani a Betlemme. Tra i firmatari della nota, il patriarca latino emerito di Gerusalemme Michel Sabbah, l’arcivescovo greco-ortodosso Attallah Hanna e il vescovo luterano emerito Munib Younan.
Gaza, la replica dei leader cristiani a Netanyahu: “È l’occupazione israeliana a danneggiare i cristiani”
Nel documento diffuso oggi, i leader cristiani sottolineano con forza che “l’occupazione israeliana, non l’Autorità Nazionale Palestinese, è la causa principale dell’esodo dei cristiani da Betlemme”. Secondo loro, le politiche israeliane di chiusure, restrizioni sui permessi, e limitazioni nei diritti di residenza sono alla base della diminuzione della presenza cristiana nella città, che ha storicamente un grande significato religioso essendo il luogo di nascita di Gesù.
Gli esponenti ecclesiastici contestano la narrazione di Netanyahu, che durante l’intervento all’Onu aveva dichiarato: “Quando Betlemme era sotto controllo israeliano, l’80% della popolazione era cristiana, ma da quando l’ANP ha assunto il controllo, tale percentuale è scesa sotto il 20%”. I firmatari replicano che Betlemme era a maggioranza cristiana fino al 1948, ma la Nakba e l’espulsione di circa 750.000 palestinesi, con l’arrivo di rifugiati nei campi, hanno cambiato la composizione demografica. Quando Israele occupò la Cisgiordania nel 1967, la maggioranza della popolazione di Betlemme era già musulmana.
Duro impatto della guerra e dell’occupazione su Betlemme
I leader cristiani evidenziano inoltre che decenni di occupazione israeliana hanno generato dure condizioni di vita che hanno spinto molte famiglie cristiane e musulmane a lasciare Betlemme. Negli ultimi due anni, in particolare, la guerra in corso tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza ha ulteriormente aggravato la situazione, con un quasi totale arresto del turismo e dei pellegrinaggi, che rappresentano una risorsa economica fondamentale per la città. Centinaia di persone sono fuggite da Betlemme negli ultimi mesi a causa delle devastazioni e della violenza militare legate al conflitto.






