Due ONG israeliane accusano duramente il governo di Netanyahu: “Israele sta commettendo un genocidio a Gaza”
GERUSALEMME – Un’accusa senza precedenti scuote Israele dall’interno. Per la prima volta dall’inizio del conflitto nella Striscia di Gaza, due importanti organizzazioni non governative israeliane – B’Tselem e Medici per i Diritti Umani – hanno pubblicato due distinti rapporti nei quali affermano che Israele starebbe commettendo un genocidio ai danni della popolazione palestinese.
Le accuse di genocidio nella Striscia di Gaza
I documenti, diffusi nelle ultime ore, rappresentano una svolta drammatica nel dibattito interno allo Stato ebraico. Le ONG, note per il loro lavoro a tutela dei diritti umani nei Territori occupati, denunciano una sistematica distruzione di vite e infrastrutture civili a Gaza, che – secondo quanto riportato – non può più essere interpretata solo come “danni collaterali” di un conflitto armato.
Le accuse al governo di Netanyahu
Durante una conferenza stampa a Gerusalemme, la direttrice esecutiva di B’Tselem, Yuli Novak, ha dichiarato con fermezza: “Nulla ti prepara alla consapevolezza di far parte di una società che sta commettendo un genocidio. Questo è un momento profondamente doloroso per noi”. Le parole di Novak hanno avuto un impatto immediato nel dibattito politico e mediatico, alimentando reazioni contrastanti tra sostegno, silenzio istituzionale e critiche dure da parte di alcuni ambienti governativi.
Secondo i due rapporti, gli attacchi militari israeliani avrebbero colpito in modo sproporzionato infrastrutture civili, ospedali e rifugi, provocando migliaia di vittime tra i civili, tra cui un numero altissimo di bambini. Gli autori denunciano l’assenza di reali misure di protezione per la popolazione e il blocco degli aiuti umanitari come parte di una strategia deliberata.
Le accuse sollevate da B’Tselem e Medici per i Diritti Umani rischiano di avere ripercussioni sia a livello interno che internazionale, alimentando il già acceso dibattito sulla condotta del governo israeliano nella guerra in corso.






