La Striscia di Gaza è stata completamente devastata dai due anni di conflitto, lasciando dietro di sé una montagna impressionante di macerie. Secondo una recente stima del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite, l’enclave palestinese è oggi coperta da ben 68 milioni di tonnellate di detriti, un volume che equivale al peso di circa 186 Empire State Building. Questa situazione pone una sfida enorme per la ricostruzione e la ripresa dell’area.
La portata della distruzione a Gaza
Le immagini satellitari analizzate dalle Nazioni Unite mostrano un territorio quasi interamente compromesso: oltre 123.000 edifici sono stati distrutti e altri 75.000 danneggiati in varia misura, pari all’81% delle strutture presenti a Gaza. La devastazione è stata causata da migliaia di attacchi aerei israeliani, combattimenti sul terreno e demolizioni controllate. Se si distribuisse uniformemente questa enorme quantità di macerie su Manhattan, vi sarebbero circa 97 chili di detriti per metro quadrato.
Un ulteriore problema è rappresentato dagli ordigni inesplosi disseminati tra le macerie, tra cui bombe, missili, razzi e proiettili d’artiglieria, che rendono estremamente pericolosi i lavori di bonifica. Inoltre, secondo le autorità sanitarie palestinesi, circa 10.000 corpi di persone rimangono intrappolati sotto le macerie. La rimozione di detriti e la bonifica dagli esplosivi richiedono l’ingresso di macchinari e attrezzature pesanti, attualmente bloccato dalle autorità israeliane. Tale operazione potrà partire concretamente solo se verrà raggiunto un accordo tra Israele e Hamas sulla seconda fase del piano di pace delineato dall’ex presidente americano Donald Trump, al momento ancora in stallo a causa del rifiuto di Hamas al disarmo e delle dispute sul controllo dell’enclave.
Gli altri fronti aperti
Sul fronte militare, persistono tensioni anche al confine con il Libano, dove l’aeronautica israeliana ha colpito presunti siti di addestramento di Hezbollah, mentre il timore di un nuovo conflitto è alimentato da un sondaggio secondo cui la maggioranza degli israeliani si aspetta una guerra nel 2026. Il contesto resta dunque incerto e fragile, con un impatto devastante che si riflette sulla popolazione civile di Gaza e su tutta la regione.






