Parigi, 26 novembre 2025 – La Francia è nuovamente scossa da un caso che ha dell’incredibile, relativo a presunte pratiche vessatorie e illegalità avvenute all’interno del Ministero della Cultura francese. Circa 250 donne hanno denunciato di essere state vittime di somministrazioni di sostanze diuretiche durante colloqui di lavoro, con conseguenze che hanno lasciato segni profondi nelle loro vite personali e professionali.
I dettagli della vicenda che ha sconvolto la Francia
Secondo le testimonianze raccolte, l’ex funzionario del Ministero della Cultura, avrebbe somministrato a decine di donne caffè o tè mescolati con un potente diuretico illegale durante i colloqui di lavoro. Le sostanze inducevano un bisogno urgente e crescente di urinare, mentre allo stesso tempo veniva impedito alle donne di utilizzare i servizi igienici. Alcune di loro hanno riferito di essere state obbligate a proseguire i colloqui durante lunghe passeggiate all’aperto, lontane dai bagni, aumentando così il loro disagio e la sofferenza fisica.
Il caso è emerso in Francia nel 2018, quando una denuncia per molestie ha portato alla scoperta di un foglio su cui l’uomo annotava dettagli delle somministrazioni, intitolato «Esperimenti». Nel 2019 l’uomo è stato rimosso dal Ministero e sottoposto a indagini formali per somministrazione di sostanze stupefacenti e violenza sessuale, ma il processo non è ancora iniziato. Nel frattempo, l’ex funzionario ha continuato a lavorare nel settore privato, alimentando malcontento e richieste di giustizia da parte delle vittime.
Le testimonianze delle vittime
Le testimonianze delle vittime sono agghiaccianti e hanno sconvolto la Francia. Una delle vittime, Sylvie Delezenne, esperta di marketing di Lille, ha raccontato: «Era il mio sogno lavorare per il Ministero della Cultura, ma quel colloquio si è trasformato in un incubo. Sentivo il bisogno crescente di urinare, ma mi impedivano di andare in bagno. Provavo un dolore crescente e una vergogna profonda». Altre testimonianze parlano di donne che, in preda alla disperazione, sono state costrette a urinare in pubblico o a bagnarsi i vestiti, con ripercussioni psicologiche che si sono protratte negli anni successivi.
Una donna ha descritto la condizione di angoscia crescente: «Mi tremavano le mani, il cuore batteva forte, sudavo, ma non potevo fermarmi. Ho chiesto una pausa per andare in bagno, ma lui ha continuato a camminare». Un’altra ha raccontato di come, durante una passeggiata proposta da Nègre, abbia avuto un bisogno urgente di fermarsi e tornare indietro, ma lui ha ignorato la richiesta, andando nella direzione opposta e pronunciando parole che hanno aumentato il senso di umiliazione: «Hai bisogno di fare pipì?». Quando finalmente è arrivata al bagno di un bar, era ormai troppo tardi.






