Tel Aviv, 8 agosto 2025 – La figura di Eyal Zamir, attuale capo di stato maggiore delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), è al centro di un acceso dibattito politico e militare in Israele. Una volta vicino e sostenuto dal primo ministro Benjamin Netanyahu, Zamir sembra oggi assumere un ruolo di moderazione critica rispetto alla linea governativa di escalation militare nella Striscia di Gaza, alimentando tensioni e preoccupazioni sulla strategia israeliana.
Il generale Zamir e il nuovo corso militare su Gaza
Entrato in carica nel marzo 2025, Eyal Zamir si è reso subito protagonista della pianificazione di una nuova offensiva militare contro Hamas nella Striscia di Gaza, un progetto che ha segnato la fine della tregua in vigore da gennaio. La sua nomina è stata interpretata come una chiara scelta politica di Netanyahu, desideroso di affidare la conduzione militare a un uomo fedele e vicino all’area della destra estrema del governo, dopo l’epurazione di figure ritenute troppo moderate come il ministro della Difesa Yoav Gallant e l’ex capo di stato maggiore Herzi Halevi.
Zamir ha diretto, insieme al capo dello Shin Bet Ronen Bar, gli attacchi aerei che hanno provocato centinaia di vittime nella popolazione civile di Gaza, con l’obiettivo ufficiale di “distruggere” Hamas e liberare gli ostaggi israeliani detenuti. Tuttavia, il generale ha mostrato pubblicamente i suoi dubbi rispetto all’invasione terrestre, definendola come un “buco nero” in cui rischiano di cadere le truppe israeliane, con conseguenze devastanti non solo per la popolazione palestinese, ma anche per la resistenza e la tenuta delle forze armate israeliane.
La mobilitazione necessaria per occupare Gaza richiederebbe tra i 40 e i 60 mila soldati, con un ricorso massiccio ai riservisti, molti dei quali già logorati dai continui turni di servizio. In questo contesto, Zamir ha sottolineato l’importanza della cultura del dissenso all’interno dell’IDF, un elemento fondamentale per la salute delle istituzioni militari e per la tutela delle vite umane.
Il contrasto con Netanyahu e la crisi interna
Il rapporto tra Eyal Zamir e il primo ministro Netanyahu si è fatto teso e conflittuale. Netanyahu ha dichiarato di voler procedere con l’occupazione completa di Gaza, minacciando persino di chiedere le dimissioni del capo di stato maggiore qualora non condividesse la linea politica. Nel frattempo, il figlio del premier, Yair Netanyahu, ha parlato apertamente del rischio di un “golpe militare” a causa delle resistenze interne all’esercito.
Mentre Netanyahu insiste per una strategia di “distruzione totale” di Hamas, Zamir e altri vertici militari, così come ex ufficiali e analisti di sicurezza, hanno espresso pubblicamente la loro contrarietà, invitando a considerare soluzioni negoziate per il rilascio degli ostaggi e a limitare l’escalation di violenza. Un gruppo di quasi seicento ex funzionari della sicurezza israeliana ha persino rivolto un appello al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, affinché eserciti pressione sul governo israeliano per fermare la guerra.
L’opposizione dei militari è motivata anche dal timore che una invasione terrestre possa rafforzare la resilienza di Hamas, la “sumud” che i palestinesi coltivano come valore quasi religioso, e che la devastazione di Gaza possa trasformarsi in un terreno fertile per nuove forme di opposizione violenta.
Le implicazioni umanitarie e il contesto internazionale
La situazione umanitaria a Gaza è drammatica: la popolazione civile è provata da un blocco severo, carestia e bombardamenti continui. Gli aiuti umanitari, gestiti in modo insufficiente dalla Gaza Humanitarian Foundation, non riescono a soddisfare i bisogni essenziali, aggravando la crisi.
La decisione del governo israeliano di procedere con la rimozione del procuratore generale Gali Baharav-Miara, oppositrice della riforma della giustizia di Netanyahu, ha suscitato proteste e ulteriori tensioni interne, evidenziando una situazione politica complessa e instabile.






