Nel cuore delle crescenti tensioni internazionali e delle sfide alla sicurezza interna, gli Stati Uniti hanno affidato un incarico di grande responsabilità a un volto nuovo e molto giovane: Thomas Fugate, 22 anni, neo-laureato, è stato nominato a capo del Center for Prevention Programs and Partnerships (CP3), un’unità del Dipartimento della Sicurezza Interna (DHS) che si occupa di prevenzione del terrorismo, sparatorie nelle scuole e violenze motivate dall’odio
Un profilo inusuale per un ruolo chiave nella sicurezza americana
Thomas Fugate, originario di San Antonio, Texas, rappresenta una scelta che ha sorpreso molti esperti e osservatori. Laureato nel 2024 in Politica e Diritto presso l’Università del Texas, il suo curriculum non include esperienze pregresse in ambito governativo, di leadership o sicurezza nazionale. Prima della laurea, ha svolto lavori umili come giardiniere e fattorino in supermercati. La sua ascesa è avvenuta grazie a un impegno politico significativo, tra cui uno stage presso la Heritage Foundation e la partecipazione alla campagna presidenziale di Donald Trump nel 2024. Nel maggio scorso, Fugate ha sostituito Bill Braniff, veterano con oltre vent’anni di attività nel settore antiterrorismo, dimessosi a causa dei drastici tagli al budget del CP3 decisi dall’amministrazione Trump.
L’unità CP3, creata sotto l’amministrazione Biden per contrastare la violenza interna e l’estremismo, ha visto ridursi drasticamente il suo organico da circa ottanta a poco più di venti dipendenti, con finanziamenti quasi azzerati da 18 milioni di dollari a una quota minima. L’approccio della nuova gestione, rappresentata da Fugate, riflette una visione più repressiva e meno orientata a programmi sociologici o educativi, privilegiando interventi di polizia.
Critiche politiche e sfide alla sicurezza nazionale
La nomina del giovane texano ha suscitato un acceso dibattito politico e istituzionale. Il senatore democratico Chris Murphy ha sottolineato come Fugate manchi completamente di esperienza nel campo antiterrorismo, mettendo in evidenza il rischio di affidare la sicurezza nazionale a un profilo legato esclusivamente alla fedeltà politica verso Trump. Anche esponenti moderati del Partito Repubblicano hanno espresso dubbi, sebbene in modo più riservato.
Questa scelta avviene in un contesto critico, con l’amministrazione americana che da un lato conduce operazioni militari contro l’Iran e dall’altro riduce drasticamente le risorse destinate alla sicurezza interna, come nel caso del CISA, l’agenzia incaricata di proteggere infrastrutture strategiche contro attacchi informatici. La decisione di tagliare del 20% i fondi del CISA e di smantellare programmi di cybersecurity è considerata un passo indietro nella lotta contro minacce sempre più sofisticate, inclusi attacchi informatici da parte di stati ostili come la Cina.
Il focus della lotta al terrorismo, con l’insediamento di Trump, si è spostato quasi esclusivamente sul contrasto all’immigrazione clandestina, con iniziative come l’applicazione dell’Alien Enemies Act per deportare sospetti appartenenti a gang criminali straniere, ma con scarsa attenzione alle cellule terroristiche effettivamente presenti sul territorio nazionale.
In questo scenario di forti tensioni e risorse ridotte, Thomas Fugate si trova a guidare un centro antiterrorismo con un ruolo strategico, ma con mezzi e strumenti limitati, mentre la sicurezza interna degli Stati Uniti affronta sfide complesse e inedite.






