Roma, 13 settembre 2025 – Herzi Halevi, ex capo di stato maggiore delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), ha rilasciato dichiarazioni significative sul conflitto in corso nella Striscia di Gaza, confermando che oltre 200.000 palestinesi sono stati uccisi o feriti nelle operazioni militari israeliane. Queste affermazioni sono riportate dal quotidiano britannico The Guardian, che cita fonti dei media israeliani.
Un bilancio pesante di vittime a Gaza
Durante un incontro con i residenti del moshav di Ein HaBesor, registrato dal sito Ynet, Halevi ha sottolineato che più del 10% della popolazione di Gaza, stimata in 2,2 milioni, è stata colpita dal conflitto. I numeri forniti dall’ex generale, che ha guidato le IDF nei primi 17 mesi della guerra iniziata il 7 ottobre 2023, si avvicinano alle stime ufficiali del Ministero della Salute di Gaza, che parlano di 64.718 palestinesi uccisi e 163.859 feriti dall’inizio del conflitto. Questi dati, spesso contestati da Israele come propaganda di Hamas, sono invece ritenuti attendibili dalle agenzie umanitarie internazionali.
Halevi ha inoltre dichiarato che durante tutta la guerra non sono mai state sospese le operazioni militari per motivi legali, evidenziando la durezza del conflitto: “In questa guerra ci siamo tolti i guanti fin dal primo minuto“, ha affermato, ammettendo che Israele avrebbe dovuto adottare una linea più rigida già prima dell’attacco del 7 ottobre.
Attacchi israeliani e situazione attuale
Il conflitto continua a mietere vittime quotidianamente: secondo Al Jazeera, almeno 11 palestinesi sono stati uccisi nelle ultime ore negli attacchi israeliani nella Striscia di Gaza, con le zone colpite concentrate soprattutto attorno a Gaza City. La distinzione tra civili e combattenti nelle statistiche di Gaza non è sempre chiara, ma dati israeliani trapelati suggeriscono che oltre l’80% delle vittime sarebbero civili.
La situazione umanitaria nella Striscia rimane estremamente critica, con una popolazione di circa 2,2 milioni di abitanti, in gran parte giovani e sottoposta a un blocco economico e militare che ha messo sotto pressione ogni aspetto della vita quotidiana. Il conflitto prosegue senza segni di tregua, mentre la comunità internazionale monitora con preoccupazione l’evolversi degli eventi.






