Bruxelles, 20 ottobre 2025 – I ministri dell’Energia dell’Unione Europea hanno approvato a maggioranza la proposta della Commissione europea per la sospensione delle importazioni di gas e GNL provenienti dalla Russia, prevista in tre fasi. Dal primo gennaio 2026 non sarà più possibile sottoscrivere nuovi contratti, mentre gli accordi a breve termine in corso dovranno concludersi entro il 17 giugno dello stesso anno. I contratti a lungo termine, invece, saranno validi fino al 31 dicembre 2027.
Solo Ungheria e Slovacchia si sono opposte alla decisione, esprimendo dissenso rispetto al piano di graduale interruzione delle forniture energetiche russe. La maggioranza dei Paesi Ue ha invece sostenuto la proposta, confermando l’impegno dell’Unione verso l’indipendenza energetica e la riduzione della dipendenza da Mosca.
Stop al gas russo: tempistiche e modalità
Secondo il regolamento proposto dalla Commissione europea, a partire dal 1° gennaio 2026 verrà vietata l’importazione di gas russo basata su nuovi contratti firmati dopo il 17 giugno 2025. La cessazione completa delle importazioni, anche in base ai contratti esistenti, è prevista entro la fine del 2027. La proposta prevede una eliminazione graduale sia del gas di gasdotto sia del gas naturale liquefatto (Gnl), con l’obiettivo di garantire la stabilità del mercato e la sicurezza dell’approvvigionamento.
Gli Stati membri dovranno presentare piani di diversificazione con misure e tappe precise, da consegnare alla Commissione entro il 1° marzo 2026, per facilitare la transizione energetica. In particolare, il divieto riguarderà anche i servizi di terminale Gnl forniti a clienti russi, con tempistiche analoghe a quelle per il gas. Il commissario europeo all’Energia, Dan Jørgensen, ha sottolineato che “oggi l’Unione europea mostra risolutezza” e che nessuno Stato membro resterà senza energia durante questa fase di transizione.
La posizione della Danimarca e le sfide energetiche interne
Prima della discussione della proposta, il ministro danese per il Clima e l’Energia, Lars Aagard, che presiede il Consiglio Energia di turno, aveva espresso ottimismo sul fatto che l’Unione avrebbe ottenuto una maggioranza a sostegno del cosiddetto Pacchetto libertà, mirato alla chiusura definitiva del rubinetto del gas russo entro la fine dell’anno. Il ministro aveva messo in evidenza le ragioni di sicurezza e economiche che giustificavano questa scelta, sottolineando l’importanza di una rapida conclusione delle trattative con il Parlamento Europeo.
Tuttavia, la Danimarca stessa sta affrontando difficoltà significative nel settore delle energie rinnovabili. Recentemente è fallita la gara per la costruzione del più grande parco eolico offshore nel Mare del Nord, un progetto da 3 gigawatt che avrebbe dovuto essere realizzato senza incentivi statali. Nessun investitore, nemmeno il leader nazionale Orsted, si è fatto avanti a causa dell’aumento dei costi e dei tassi di interesse. Questo flop rappresenta una sfida per la transizione energetica danese, che conta attualmente su una capacità installata di 2,7 gigawatt e punta ad una significativa espansione delle fonti pulite.
La combinazione di queste dinamiche mette in luce la complessità del percorso europeo verso l’autonomia energetica, che passa attraverso la riduzione della dipendenza dal gas russo e il rafforzamento delle energie rinnovabili, pur in un contesto di mercato e geopolitico complesso.
Potrebbe interessarti anche questo articolo: Ue pronta a nuove sanzioni contro la flotta ombra russa






