Una nuova escalation di violenza scuote la Cisgiordania, dove nella notte un gruppo di coloni israeliani ha dato alle fiamme una moschea nel villaggio palestinese di Kifl Hares, situato vicino ad Ariel. L’attacco, che ha provocato gravi danni all’edificio sacro e la distruzione di copie del Corano, è stato accompagnato da scritte minacciose indirizzate al comandante del Comando centrale delle Forze di difesa israeliane (Idf), Avi Blot.
L’incendio e le minacce: un clima di tensione crescente
L’episodio, riportato dai media israeliani, si inserisce in un contesto di crescente violenza che ha visto nelle ultime settimane un aumento di aggressioni da parte di coloni contro la popolazione palestinese, inclusi incendi dolosi di veicoli e danni a villaggi come Beit Lid e Deir Sharaf. Le autorità militari israeliane hanno immediatamente avviato un’indagine in collaborazione con la polizia e il servizio di sicurezza interno Shin Bet, tentando di fare luce su quanto accaduto.
Il segretario di Stato degli Stati Uniti, Marco Rubio, intervenuto a margine del G7 in Canada, ha espresso una certa preoccupazione per il rischio che tali eventi possano compromettere la fragile tregua raggiunta a Gaza. Rubio ha però sottolineato di non aspettarsi un peggioramento della situazione, invitando alla calma per evitare un’escalation che potrebbe indebolire gli sforzi diplomatici in corso.
La difficile situazione in Cisgiordania
La Cisgiordania è un territorio conteso, con circa 2,9 milioni di abitanti palestinesi e un forte controllo israeliano, soprattutto nelle cosiddette aree C, dove operano i coloni. Questi insediamenti, circa 279 secondo il censimento Onu del 2023, sono spesso fonte di tensioni e violenze. Dal cessate il fuoco di gennaio 2025, la regione ha visto un incremento degli scontri, con oltre 40.000 palestinesi sfollati e un aumento dei posti di blocco israeliani che limitano fortemente la libertà di movimento e l’accesso ai servizi essenziali.
Il clima è ulteriormente aggravato da episodi come quello della moschea incendiata, che alimentano il ciclo di ostilità e rendono complicati i tentativi di mediazione internazionale. Organizzazioni come Oxfam continuano a fornire assistenza umanitaria, ma la situazione rimane critica, con crescenti timori per la stabilità dell’intera regione e per il futuro della pace tra israeliani e palestinesi.






