Tel Aviv, 6 ottobre 2025 – La Global Sumud Flotilla, l’iniziativa umanitaria internazionale partita nella seconda metà del 2025 con l’obiettivo di rompere il blocco israeliano sulla Striscia di Gaza, ha vissuto una fase di grande tensione e incertezza dopo l’intercettazione delle sue imbarcazioni da parte delle forze israeliane in acque internazionali. Il sequestro delle navi e la detenzione degli attivisti, tra cui il noto coordinatore brasiliano Thiago Ávila, hanno scatenato proteste e mobilitazioni internazionali, mentre resta il mistero sul destino degli aiuti umanitari trasportati.
La Global Sumud Flotilla: un simbolo di resistenza e solidarietà
La Global Sumud Flotilla ha rappresentato fin dalla sua costituzione nel luglio 2025 la più vasta operazione civile mai organizzata per portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese assediata nella Striscia di Gaza. Composta da oltre 50 imbarcazioni provenienti da 44 paesi, la flottiglia è stata concepita non solo come una missione di soccorso, ma anche come un messaggio politico di resilienza e perseveranza (da qui il termine arabo “Sumud”), volto a rompere il blocco navale imposto da Israele e a denunciare la grave crisi umanitaria in corso.

Tra i partecipanti illustri, figurano attivisti internazionali come Greta Thunberg e figure politiche provenienti da diversi paesi, tra cui cinque politici italiani. L’obiettivo primario era quello di consegnare generi di prima necessità e medicinali essenziali a una popolazione intrappolata in condizioni di carestia senza precedenti, come certificato da recenti analisi dell’Integrated Food Security Phase Classification.
Thiago Ávila e le proteste nel carcere del Negev
Tra i membri più attivi e visibili della flottiglia, Thiago Ávila si è distinto per il suo impegno da quasi due decenni nella causa palestinese. Coordinatore della Freedom Flotilla Brasile e membro del comitato direttivo della Global Sumud Flotilla, Ávila è noto per la sua capacità di mobilitare solidarietà a livello globale e per l’attivismo diretto sul campo, dall’Egitto alla Turchia.
Dopo l’arresto avvenuto a seguito dell’abbordaggio israeliano della flottiglia, Ávila e gli altri attivisti sono stati trasferiti nel supercarcere del deserto del Negev, dove sono scoppiate proteste di digiuno e astensione dall’acqua. In un messaggio video, Ávila ha denunciato l’impossibilità di ricevere cure mediche adeguate e farmaci, rifiutandosi di bere finché queste condizioni non saranno garantite. Il suo appello ha acceso i riflettori sulla difficile situazione degli attivisti detenuti e sulla gestione degli aiuti umanitari da parte di Israele, ancora poco chiara e avvolta nel mistero.
Il contesto internazionale e le reazioni
La missione della Global Sumud Flotilla si inserisce in un contesto geopolitico estremamente complesso. Mentre Hamas e Israele trattano in cerca di un accordo, le condizioni nella Striscia di Gaza si aggravano: la carestia ha colpito oltre mezzo milione di persone, con un aumento drammatico di malnutrizione e mortalità infantile.
In Italia e in molti paesi europei, il sostegno alla flottiglia si è tradotto in una vasta mobilitazione civile, con scioperi generali, manifestazioni e blocchi nei porti, come a Livorno, dove navi israeliane sono state respinte. Le organizzazioni sindacali come CGIL e USB hanno promosso queste iniziative, nonostante alcune controversie legali sulla loro legittimità.
Sul fronte legale, esperti di diritto internazionale sottolineano come, secondo la Quarta Convenzione di Ginevra, Israele avrebbe l’obbligo di consentire il passaggio di aiuti destinati a popolazioni civili in territori occupati. Tuttavia, dal 2008 a oggi quasi tutti i tentativi di portare aiuti via mare sono stati bloccati o ostacolati con forza, spesso con conseguenze tragiche.
L’incognita sugli aiuti umanitari della Flotilla
Nonostante il grande sforzo logistico, economico e politico profuso dalla Global Sumud Flotilla, il destino degli aiuti umanitari trasportati rimane incerto. Le autorità israeliane non hanno fornito spiegazioni chiare sul loro utilizzo, alimentando dubbi e sospetti su un eventuale sequestro o distruzione degli stessi.
Nel frattempo, la mobilitazione internazionale non si ferma. Organizzazioni umanitarie come Emergency e Medici Senza Frontiere continuano a sollecitare l’apertura di corridoi umanitari e la fine dell’assedio, mentre i governi di del mondo sono chiamati a intervenire concretamente per garantire il diritto alla vita e alla salute della popolazione palestinese. Non un’operazione politica, ma semplicemente di umanità.






