Hargeisa, 30 dicembre 2025 – Al centro dell’attenzione internazionale è tornato il Somaliland, regione autoproclamata indipendente nel 1991, situata nel Corno d’Africa e finora riconosciuta formalmente da un solo Stato: Israele. Lo scorso 26 dicembre, infatti, Tel Aviv ha ufficialmente riconosciuto la sovranità della Repubblica del Somaliland, un gesto storico che ha aperto un nuovo capitolo nelle dinamiche geopolitiche dell’area, suscitando reazioni contrastanti a livello globale. Sullo sfondo, l’assetto politico statunitense guidato dal presidente Donald Trump, che si è mostrato cauto e riluttante ad adottare una posizione ufficiale simile.
Il contesto storico e politico del Somaliland
La Repubblica del Somaliland si è dichiarata indipendente dalla Somalia nel maggio 1991, dopo il collasso del regime di Siad Barre e la guerra civile che ha devastato il Paese. Nato come ex protettorato britannico, il Somaliland rivendica la continuità giuridica con lo Stato del Somaliland esistito brevemente dal 26 giugno al 1º luglio 1960, quando ottenne l’indipendenza dalla Gran Bretagna prima di unirsi alla Somalia italiana. Pur senza riconoscimento internazionale, il Somaliland ha sviluppato nel corso di oltre trent’anni un proprio sistema istituzionale, una valuta propria (lo scellino del Somaliland), forze di sicurezza autonome e una governance stabile rispetto al resto della Somalia.
Il capo di Stato attuale è Abdirahman Mohamed Abdullahi, che guida un governo presidenziale con capitale a Hargeisa, città di circa 600.000 abitanti. Il territorio, di poco più di 177.000 km², confina con Gibuti, Etiopia e Somalia, e si affaccia con una lunga costa di 740 km sul Golfo di Aden. La regione è al centro di dispute territoriali con il vicino Puntland, soprattutto nelle province di Sool, Sanaag e Cayn.
Il riconoscimento israeliano e le implicazioni geopolitiche
Il riconoscimento di Israele, primo e unico Stato membro dell’ONU a farlo ufficialmente, è considerato da Tel Aviv un passo strategico per rafforzare la propria presenza nel Corno d’Africa. La posizione geografica del Somaliland è infatti cruciale: si trova all’ingresso meridionale del Mar Rosso, vicino allo stretto di Bab el Mandeb, un punto nevralgico per il commercio marittimo globale e per le rotte energetiche internazionali.
Israele mira a stabilire un avamposto militare e di intelligence nel Somaliland, in particolare per contrastare le attività degli Houthi, movimento sciita filoiraniano attivo nello Yemen, che rappresenta una minaccia per la sicurezza regionale e per le rotte marittime. Il porto di Berbera, gestito da operatori legati a Dubai, e l’aeroporto vicino, dotati di infrastrutture moderne, sono considerati asset chiave per questo scopo. Questa nuova alleanza si inserisce in un contesto più ampio di accordi e collaborazioni militari e strategiche che Israele ha stretto recentemente con Grecia e Cipro.
L’iniziativa israeliana richiama il cosiddetto “spirito degli Accordi di Abramo”, promossi durante il primo mandato di Donald Trump, che portarono alla normalizzazione delle relazioni diplomatiche con Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan. Tuttavia, il presidente Trump, rientrato alla Casa Bianca nel 2025 per il suo secondo mandato non consecutivo, ha mostrato una posizione ambivalente: pur dichiarandosi disponibile a valutare la proposta israeliana, ha escluso per ora un riconoscimento formale degli Stati Uniti al Somaliland.
Reazioni internazionali e regionali
La mossa di Israele ha provocato dure critiche da parte del governo somalo, che considera il Somaliland una regione integrante della propria sovranità. Il presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud ha definito la decisione un «atto illegale e un’aggressione contro la sovranità della Somalia». Anche numerosi Paesi arabi, tra cui Gibuti, Egitto e Turchia, hanno condannato il riconoscimento, denunciando un’ingerenza negli affari somali. La Lega Araba, il Consiglio di Cooperazione del Golfo e l’Unione Africana hanno espresso un netto rifiuto, con Mahmoud Ali Yousouf, presidente della Commissione dell’Unione Africana, che ha sottolineato il rischio di un «pericoloso precedente» con ripercussioni sulla stabilità continentale.
Gli Emirati Arabi Uniti, invece, hanno mantenuto un atteggiamento di silenzio ufficiale, pur essendo storicamente attivi nella regione, con investimenti e basi militari nel Somaliland e vicini rapporti con Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, con la quale il Somaliland ha firmato nel gennaio 2024 un memorandum d’intesa per l’accesso ai porti sul Mar Rosso. Questa intesa ha ulteriormente complicato le tensioni con Mogadiscio, che accusa l’Etiopia di interferenze territoriali.

