Roma, 31 luglio 2025 – Carlo D’Attanasio, cittadino italiano detenuto in Papua Nuova Guinea, è stato ufficialmente liberato dopo essere stato assolto dalle accuse che lo vedevano coinvolto. L’annuncio è stato dato in un punto stampa dall’Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, presso l’unità di crisi della Farnesina. “Sono stato informato questa notte dal sottosegretario Giorgio Silli in missione nella regione e dall’ambasciatore Paolo Crudele che la Corte d’Appello della Papua Nuova Guinea ha assolto il connazionale Carlo D’Attanasio, disponendo la sua liberazione”, ha dichiarato Tajani.
La vicenda giudiziaria e le condizioni di salute di Carlo D’Attanasio
Carlo D’Attanasio, velista originario di Pescara, era stato arrestato nel 2019 con l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti, in seguito al ritrovamento di un carico di 611 kg di cocaina su un piccolo aereo precipitato in Papua Nuova Guinea. Le accuse erano poi state riconsiderate più volte, arrivando a ipotizzare anche un collegamento con il terrorismo internazionale, senza tuttavia prove concrete. Durante la detenzione, D’Attanasio ha dovuto affrontare gravi problemi di salute: una neoplasia al colon, diagnosticata solo dopo mesi di ritardi nelle cure, che ha richiesto un intervento urgente.
Nel dicembre 2024, la suprema corte della Papua Nuova Guinea ha ammesso il giudizio sulla misura straordinaria per consentire il rientro in Italia dell’italiano, attualmente ricoverato nella struttura sanitaria di Port Moresby. La difesa, congiuntamente tra l’avvocato locale David Dotaona e l’avvocato Mario Antinucci di Roma, ha ottenuto la fissazione dell’udienza per il trasferimento a Roma, presso il reparto sanitario del carcere di Rebibbia, dove D’Attanasio avrebbe potuto proseguire le cure necessarie. L’iter giudiziario è stato caratterizzato da molteplici rinvii e da una forte attenzione della comunità italiana, che ha sollecitato il governo a intervenire.
Il ruolo del governo italiano e le dichiarazioni di Antonio Tajani
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, figura di spicco della politica italiana e attuale vicepresidente del Consiglio dei Ministri, ha seguito da vicino la vicenda. Nel suo intervento, Tajani ha confermato la liberazione di D’Attanasio e ha ribadito l’impegno del governo per la tutela dei diritti dei cittadini italiani all’estero, soprattutto in situazioni delicate come quella del connazionale. Il vicepremier ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra le istituzioni italiane e quelle della Papua Nuova Guinea, evidenziando che il rientro in patria consentirà a Carlo D’Attanasio di ricevere le cure mediche adeguate e di affrontare il decorso della malattia in condizioni più sicure e dignitose.
Carlo D’Attanasio, atteso il rimpatrio dopo l’assoluzione: “La Farnesina è al lavoro”
Il rientro in Italia di Carlo D’Attanasio potrebbe avvenire nelle prossime ore. A confermarlo è Carola Profeta, politica pescarese e amica dell’uomo, che da tempo si batte per la sua liberazione. “Siamo in attesa di aggiornamenti – ha dichiarato all’ANSA –. La Farnesina e l’ambasciata italiana sono operative. Probabilmente bisognerà aspettare il deposito della sentenza”.
Profeta, che ha seguito con attenzione la vicenda sin dalle sue fasi iniziali, non è ancora riuscita a mettersi in contatto diretto con D’Attanasio: “Credo stia dormendo, è comprensibile dopo quello che ha passato”. La sua battaglia è stata anche una questione di diritti umani, spiega, poiché l’uomo soffre di una grave patologia che non avrebbe potuto ricevere cure adeguate nel Paese dove era detenuto.
Nel novembre del 2023, Profeta aveva lanciato un appello alla politica locale affinché si facesse carico del caso. I primi segnali concreti arrivarono con l’attivazione dei contatti con la Farnesina, ma un punto di svolta si verificò grazie alla visita di Papa Francesco in Papua Nuova Guinea. In quell’occasione, il Pontefice venne a conoscenza della vicenda di Carlo attraverso il racconto di un altro italiano incontrato durante il viaggio.
D’Attanasio ha deciso di affrontare il processo d’appello, rinunciando al rientro per motivi umanitari che gli avrebbero comunque lasciato addosso l’onta della condanna in primo grado. “Ha voluto rischiare – conclude Profeta – per poter tornare in Italia da uomo libero”.






