Sanaa, 3 novembre 2025 – Nel quadro dell’Operazione Rough Rider, la controversa campagna di bombardamenti statunitensi contro i ribelli Houthi in Yemen, Amnesty International accusato gli Stati Uniti di crimini di guerra: il 28 aprile scorso, secondo l’organizzazione per i diritti umani, un bombardamento indiscriminato avrebbe colpito un centro di detenzione a Sa’ada, uccidendo 61 migranti etiopi e ferendone decine. La denuncia arriva in un momento in cui la situazione in Yemen resta drammatica, e la responsabilità delle potenze coinvolte è sempre più al centro del dibattito internazionale.
Amnesty: “Stati Uniti responsabili di crimini di guerra in Yemen”
L’ultimo rapporto di Amnesty International, diffuso in anteprima da The Intercept, descrive un attacco aereo che ha preso di mira un centro dove erano detenuti migranti etiopi, molti dei quali civili innocenti. La denuncia si basa su interviste a quindici sopravvissuti e a operatori sanitari dei due ospedali vicini, oltre a un’analisi approfondita di immagini satellitari e filmati che mostrano scene di devastazione e corpi sparsi tra le macerie. I soccorritori sono ritratti mentre estraggono dalle rovine persone gravemente ferite, un’immagine che sottolinea la gravità dell’episodio.
Questa operazione si inserisce in una fase di intensificazione della campagna aerea americana in Yemen, che ha visto un netto aumento dei bombardamenti rispetto all’anno precedente. Gli attacchi, volti a colpire i ribelli filoiraniani Houthi, hanno provocato un alto numero di vittime civili, come documentato anche da altre organizzazioni indipendenti.
Rough Rider e il nuovo corso di Donald Trump in Yemen
Il 2025 ha segnato il ritorno in carica di Donald Trump come 47º presidente degli Stati Uniti, a seguito della vittoria nelle elezioni del novembre 2024 contro Kamala Harris. La sua amministrazione ha riattivato con vigore l’operazione Rough Rider, iniziata in primavera e caratterizzata da una strategia militare più aggressiva rispetto a quella adottata dal predecessore Joe Biden, che aveva temporaneamente interrotto i raid aerei pesanti contro gli Houthi.
Gli attacchi aerei, lanciati anche da caccia decollati dalla portaerei USS Nimitz e supportati da missili Tomahawk, mirano a bloccare gli attacchi contro il traffico navale nel Mar Rosso, una rotta strategica internazionale. Tuttavia, come sottolinea l’analista Luca Nevola, esperto di Yemen e Golfo presso l’Armed Conflict Location & Event Data Project (Acled), la strategia di Trump ha preso di mira con maggiore intensità le aree urbane, aumentando così il rischio per la popolazione civile, a differenza dell’approccio più mirato di Biden che si concentrava su infrastrutture e sistemi missilistici mobili.
Nonostante una tregua negoziata tra gli Stati Uniti e i ribelli Houthi, che prevedeva uno stop reciproco ai bombardamenti e agli attacchi navali, lo Yemen continua a subire pesanti attacchi, anche da parte di Israele, peggiorando una situazione umanitaria già critica.
La lunga e controversa presenza militare americana in Yemen
Dal 2002, gli Stati Uniti hanno condotto operazioni militari intermittenti in Yemen, inizialmente contro Al-Qaeda e poi estese all’Isis e agli Houthi. La campagna militare si è intensificata nel corso degli anni, raggiungendo una fase particolarmente acuta tra il 2024 e il 2025 con l’Operazione Poseidon Archer e la successiva Rough Rider. Secondo il monitoraggio di Airwars, solo nei due mesi più recenti sono stati accertati 224 morti civili, mentre le perdite tra i ribelli Houthi oscillano tra 500 e 600.
L’episodio del 28 aprile a Sa’ada rappresenterebbe uno degli episodi più gravi di questa lunga guerra aerea, che ha visto gli Stati Uniti impegnati in un conflitto protratto e controverso, a fronte di risultati militari discutibili e con un pesante tributo di vittime civili.






