Con l’avvicinarsi del 2026, la rivalutazione delle pensioni e le novità fiscali collegate rappresentano un tema centrale per milioni di pensionati italiani. Il Governo Meloni ha confermato l’intenzione di alleggerire il carico fiscale sull’Irpef per le fasce di reddito medio-alte, un intervento che avrà un impatto diretto sul netto percepito dai pensionati. Nel contempo, è prevista una rivalutazione delle pensioni in base all’inflazione, che garantirà un aumento medio dell’1,7% delle somme erogate, con maggiori benefici per gli assegni più bassi.
Rivalutazione pensioni 2026: le novità fiscali
Il Governo italiano, nell’ambito della riforma fiscale avviata con la delega del 2023, ha proposto la riduzione dell’aliquota Irpef dal 35% al 33% sul secondo scaglione di reddito, che include pensioni lorde comprese tra 28.000 e 50.000 euro annui. Questo intervento mirato non coinvolgerà l’estensione della soglia a 60.000 euro, come ipotizzato in precedenza, ma si concentrerà su una fascia definita di pensionati con redditi medio-alti, lasciando invariata l’aliquota del 43% per i redditi superiori.
Secondo le simulazioni più aggiornate, il taglio fiscale potrà generare un risparmio massimo di circa 440 euro l’anno, equivalenti a circa 36-37 euro al mese per chi percepisce una pensione intorno ai 50.000 euro lordi. Per pensionati con redditi inferiori, il beneficio si riduce proporzionalmente fino a scomparire sotto i 28.000 euro, dove resta applicata l’aliquota del 23%.
Rivalutazione delle pensioni e distribuzione degli aumenti
Parallelamente alla riforma fiscale, la rivalutazione delle pensioni nel 2026 sarà pari all’1,7%, indice di un’inflazione moderata rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, l’aumento non sarà uniforme: il meccanismo prevede la rivalutazione piena al 100% solo per pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo INPS, ossia fino a 2.466 euro lordi mensili. Per assegni superiori, la percentuale di rivalutazione scenderà gradualmente (90% tra 4 e 5 volte il minimo, 70% oltre).
Ciò significa che, ad esempio, un pensionato con una pensione minima di circa 603 euro mensili vedrà un aumento di circa 10,25 euro, mentre chi percepisce una pensione di 2.460 euro potrà beneficiare di un incremento superiore a 40 euro. Le pensioni più alte, come quelle intorno ai 5.000 euro, avranno un aumento più contenuto, di poco inferiore ai 70 euro mensili.
Stabilità dei criteri di calcolo e impatto sul netto
Non sono previste modifiche ai coefficienti di trasformazione o ai parametri per il calcolo lordo dell’assegno pensionistico fino alla fine del 2026, garantendo così continuità e prevedibilità per chi si prepara a lasciare il lavoro. Il vero cambiamento si concentrerà quindi sull’importo netto mensile grazie al taglio dell’Irpef, che consentirà ai pensionati di trattenere una quota maggiore della loro pensione.
Queste misure rappresentano un segnale importante di attenzione verso il ceto medio pensionato, particolarmente colpito dall’aumento del costo della vita e dall’inflazione. L’incremento del netto in busta, associato alla rivalutazione legata all’inflazione, potrà alleviare parzialmente le difficoltà economiche di molte famiglie italiane.






