Roma, 16 dicembre 2025 – La pensione anticipata non viene cancellata, ma cambia volto. Le regole formali restano in piedi, almeno per ora, mentre a modificarsi è il percorso che porta dall’uscita dal lavoro all’arrivo del primo assegno. Con il maxi-emendamento alla Manovra 2026, depositato e bollinato dal governo in Senato, entra in scena un meccanismo destinato a incidere in modo significativo sulle pensioni: l’allungamento progressivo della cosiddetta finestra mobile. Una scelta tecnica, poco visibile, ma capace di spostare in avanti l’uscita effettiva dal lavoro per migliaia di persone nei prossimi dieci anni.

Finestra mobile più lunga: cosa cambia davvero per la pensione anticipata
Sul piano dei requisiti, il quadro resta invariato nel breve periodo. L’accesso alla pensione anticipata continua a richiedere 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, soglie confermate almeno fino al 31 dicembre 2026 grazie al blocco degli adeguamenti alla speranza di vita. Resta valida anche l’attuale finestra mobile di tre mesi tra il momento in cui si maturano i requisiti e la decorrenza dell’assegno.
La vera novità è però nel calendario. Per chi raggiunge i requisiti entro il 31 dicembre 2031, l’attesa resterà di tre mesi. Dal 2032 in poi scatterà l’allungamento graduale: quattro mesi per chi matura il diritto entro il 2033, cinque mesi per il 2034 e sei mesi a partire dal 1° gennaio 2035. In pratica, nell’arco di un decennio, il tempo di attesa tra la fine del lavoro e l’arrivo della pensione raddoppierà.
Questo intervento non va letto isolatamente. La Manovra prevede già un aumento dei requisiti contributivi legato alla speranza di vita: un mese in più nel 2027 e altri due mesi nel 2028. Il risultato complessivo è un allungamento dei tempi di uscita ottenuto senza toccare in modo diretto le soglie, ma agendo sui meccanismi di decorrenza. Per i conti pubblici è una soluzione efficace: ritardare l’erogazione delle pensioni consente di contenere la spesa senza annunciare riforme traumatiche. Per i lavoratori, però, significa fare i conti con un’attesa più lunga e con una fase intermedia spesso priva di tutele.
Effetti sui lavoratori e spinta alla previdenza complementare
Per chi ha carriere lunghe e continue, la finestra mobile rappresenta già oggi un passaggio delicato: mesi senza stipendio e senza pensione, da coprire con risparmi personali o strumenti integrativi. L’allungamento progressivo rischia di ampliare questa “zona grigia”, soprattutto in assenza di ammortizzatori specifici. La pensione anticipata resta possibile, ma diventa meno anticipata nei fatti, spostando sempre più in avanti il confine tra lavoro e quiescenza.
Non a caso, la Manovra affianca a questo intervento una misura strutturale sul secondo pilastro previdenziale. Dal 1° luglio 2026, per i lavoratori dipendenti del settore privato alla prima assunzione (escluso il lavoro domestico), scatterà il meccanismo del silenzio-assenso per l’adesione alla previdenza complementare. In assenza di una scelta esplicita entro sessanta giorni dalla firma del contratto, il Tfr maturando confluirà automaticamente nel fondo pensione collettivo previsto dal contratto applicato in azienda. Resta comunque la possibilità di rinunciare, di scegliere un altro fondo o di mantenere il Tfr in azienda, con decisioni modificabili nel tempo.
Secondo la relazione tecnica, il nuovo sistema potrebbe generare circa 100 mila adesioni tacite in più ogni anno. Letta insieme all’allungamento delle finestre per la pensione anticipata, la direzione è chiara: rendere meno immediata l’uscita dal primo pilastro e spingere soprattutto i più giovani a costruire fin dall’inizio una copertura integrativa. In un sistema di pensioni sempre più basato su aggiustamenti graduali, è proprio nell’attesa che si misura la distanza tra le regole sulla carta e la loro applicazione concreta.






